1995 ottobre 15 Il grande nemico

1995 ottobre 15 – Il grande nemico

I sindaci del Nordest fanno sul serio. Non si lasciano intimidire, anzi «sono pronti ad alzare il tiro della
protesta» come ha anticipato Cacciari. Hanno molti avversari. La diffidenza di partiti vecchi e nuovi; il
campanilismo di quarta serie; la cultura dello schieramento politico; il piccolo cabotaggio
amministrativo. Corrono molti rischi. Perché il buro-Stato è conservatore fino al midollo; perché
quarant’anni di immobilità istituzionale hanno isterilito ogni riformismo; perché il ceto politico fa il
sonnambulo e il Parlamento lavora inerzialmente, senza progetto, senza maggioranza, senza coraggio.
Avversari, rischi. E incomprensioni: anche queste pesano sui sindaci. L’incomprensione nasce dal
qualunquismo e dalla presunzione. Primo, di chi rifiuta di assumersi responsabilità anche faticose pur di
migliorare il nostro Paese. La seconda, di chi guarda al Nordest senza studiare a fondo il senso della sua
irresistibile domanda di cambiamento. Nonostante gli ostacoli palesi e occulti, i sindaci tirano dritto e si
daranno subito un coordinamento, un calendario, un dossier di richieste, una tabella di marcia. Il Nordest
è soltanto l’avanguardia di un movimento destinato a estendersi perché da Catania a Trieste, da Udine a
Napoli, da Venezia a Palermo, la prioritaria questione politica è oggi l’amministrazione. E nessuno
meglio dei sindaci sa che oggi è lo Stato centralista il Grande Nemico del buongoverno. Oltretutto, l’alibi
degli amministratori mediocri o ladri. Ha ragione Cacciari. Questo non va più definito un movimento
«dal basso», dato che in una democrazia che si rispetti gli enti locali rappresentano il centro della
legittimità. La forza della protesta dei sindaci sta non per niente nella assoluta estraneità ai partiti. Dopo
i fasti della partitocrazia e in presenza di Poli tuttora sgangherati a destra come a sinistra, è davvero
straordinario che amministratori di ogni tendenza si ritrovino finalmente assieme per farsi carico di
riforme che la politica romana può soltanto subire, mai attivare. Mai. Una recentissima assemblea di 140
sindaci del Friuli-Venezia Giulia ha chiesto la fine della vecchia, deleteria cultura così sintetizzata: «I
sindaci di turno impegnati a cercare i favori dall’assessore regionale di turno a scapito di altri sindaci».
In un Paese che ha coltivato il vizio ministeriale dello scaricabarile e del sottobanco, la richiesta
perentoria di responsabilità rappresenta il fatto più rivoluzionario. La risposta del presidente della
Regione Veneto è stata all’altezza della situazione. Galan non ha fatto il pesce in barile, anzi ha preso
impegni pubblici e precisi: 1) da domani stesso parte il progetto legislativo federalista; 2) la Regione
intende trasferire ai Comuni tutta una serie di competenze. Il Nordest non piagnucola, protesta. Si pone
risultati concreti, mettendo fine ai piccoli passi e alle mediazioni cioè alla eterna caricatura
dell’immobilismo. Cerca l’opinione pubblica e ne è figlio legittimo. Dico ai giovani, alle forze
produttive, al mondo del lavoro: attenzione, lasciare i sindaci soli oggi può voler dire che domani saremo
soli noi, cittadini. Soltanto questa solitudine può mandare in pezzi l’Italia, non la lotta dura e senza paura
del Nordest.

15 ottobre 1995