1995 giugno 11 L’effetto marmellata
1995 giugno 11 – L’effetto marmellata
Sui referendum, la linea politica del Gazzettino è stata l’informazione. Su ogni quesito, con il confronto
alla  pari  tra  sì  e  no.  Il  referendum  è  la  forma  di  democrazia  diretta  concessa  a  denti  stretti  da  una
Costituzione protesa a sacralizzare le prerogative del  Parlamento. Per sua natura, il referendum  tende
dunque a saltare o a frantumare le classiche mediazioni dei partiti. Il cittadino oggi sarà più solo che mai.
Perché così vogliono i referendum e perché così impongono questi referendum-marmellata, dove tutto
s’impasta a scapito della presunta radicalità tra sì e no. Da parte nostra abbiamo evitato di interferire con
la  solitudine  dell’elettore.  Per  lealtà,  posso  confessare  che  cosa  farò  io,  cittadino  tra  i  cittadini,  una
posizione personale. Non sono mai stato antireferendario, quindi andrò a votare. Della democrazia diretta
ho un’opinione alta, ma oggi sta purtroppo affogando in uno specchio deformante. Il nostro Paese soffre
di  obesità  legislativa:  20  leggi  in  Italia  per  una  in  Germania.  Ciò  nonostante,  la  politica  paralizza  il
Parlamento tanto da spingere i cittadini a sostituirsi alle Camere. All’omissione politica replica la protesta
referendaria. Non più l’appello al popolo su grandi questioni, ma un riflesso condizionato. Oggi siamo
alla febbre istituzionale: iper legislazione, iper conflittualità, iper abrogazionismo. Bene. Al presidente
del seggio chiederò soltanto cinque schede: la 4, 5, 7, 8 e 12. Non ritirerò le altre sette a disposizione. La
numero 4, sul soggiorno cautelare, mi interessa molto. Voterò sì, perché i mafiosi e compagnia bella sono
virus  da  non  diffondere  sul  territorio  nazionale.  La  numero  5,  sulla  privatizzazione  della  Rai,  è  assai
delicata. Voterò no, perché preferisco una Rai pubblica, la nostra Bbc. La numero 7, sulle quote sindacali,
avrà il mio no. Non mi presterò a indebolire il sindacato, al quale conferisco liberamente la trattenuta in
busta-paga.  La numero 8, sulle elezioni comunali, avrà un altro no. Doppio turno e ballottaggio  sono
utilissimi  in  una  fase  di  transizione  dal  proporzionale  al  maggioritario.  La  numero  12,  sul  tetto  alla
raccolta  pubblicitaria  in  tv,  è  molto  seria.  Voterò  sì,  perché  Rai  e  Fininvest  controllano  il  90%  delle
risorse! Un crimine contro il pluralismo dell’informazione, bene prezioso. Il resto non mi interessa o non
mi convince. Gli orari dei negozi? Ma decidano gli enti locali, non facciamo ridere. Quanto al numero
delle reti televisive private, cioè il capitolo Berlusconi, non ci sto. Se continua a fare politica in prima
persona, Berlusconi deve vendere tutto, non solo le tv. Proprio tutto, visto che rappresenta in carne e ossa
un concentrato  mondiale di  conflitto  d’interessi, immobiliari,  commerciali,  assicurativi,  editoriali ecc.
Ciò  chiarito,  il  meccanismo  dei  referendum  propone  di  colpire  soltanto  la  Fininvest,  sbilanciando  il
rapporto tra tv pubblica e privata dopo aver favorito prima il monopolio Rai poi il Far West Fininvest.
No, si tengano la scheda color verde scuro, in attesa di una buona legge anti-concentrazione («anti-trust»)
già  possibile  da  tempo:  due  reti  Rai,  una  federale  e  una  regionale,  due  reti  Fininvest.  Scegliendo  o
rifiutando, rivendico oggi il diritto di ragionare, su ciascuno dei 12 referendum. Soltanto questo dovrebbe
valere per tutti. 
11 giugno 1995