1995 agosto 9 Non abbiamo bisogno di crociate

1995 agosto 9 – Non abbiamo bisogno di crociate

Senza mai citarlo, la chiesa ortodossa serba ha chiesto le dimissioni di Milosevic. “Questa è l’ora del
Golgota nella nostra storia”, recita il comunicato delle autorità religiose che accusano Milosevic di
aver assistito senza colpo ferire alla resa della Krajina.

Non intendiamo entrare nel merito della notizia anche per difetto di competenza. Ma ci fa pensare,
questo sì, al fenomeno più torbido della crisi post-Jugoslava: il ruolo delle chiese, il peso del fattore
religioso, la pulizia etnica che coincide con l’integralismo delle fedi.

Sappiamo tutto delle forze in campo, diplomatiche, economiche, militari. Cominciamo a capire una
carta geografica più contorta della stessa guerra. Abbiamo familiarizzato con
il regno
dell’autoproclamazione, dove psichiatri, generali e signori della granata si inventano confini,
spartizioni, capitali di giornata, stati senza stato.

Più difficile è interpretare il senso di quell’orrenda separatezza tra “cattolici” di Croazia,
“mussulmani” di Bosnia, “ortodossi” di Serbia. Nel tempo dell’ecumenismo, la religione torna al suo
lungo destino d’intolleranza, in mezzo a mille visibili contraddizioni, come se gli ortodossi non
fossero cristiani da dieci secoli e non recitassero più lo stesso Credo dei protestanti e dei cattolici. E
come se la comune preghiera per la pace celasse una pace territoriale, ritagliata sull’esclusione.

Il generale Ratko Mladic, capo dell’esercito dei serbo-bosniaci (“la maggior parte dei quali contadini
fanatici”, ha scritto un giornale francese) chiama i mussulmani di Sarajevo “turchi” e quando arringa
i suoi combattenti, definisce la Serbia “Sentinella dell’Occidente contro i Turchi”. Riaffiora il
sottosuolo della storia, lo spirito dio crociata, un’idea di chi va alla guerra con la benedizione del suo
Dio fatto in casa. Dio della patria, non Dio dell’uomo. Dio della guerra, che è giusta in quanto
imperiale.

La crisi post-jugoslava è anche crisi delle chiese. Un autentico dramma, anche personale, per il Papa
di Roma venuto dall’Est per ritornarvi nel nome del dialogo tra “fratelli” e del tramonto dell’Odio.