1994 settembre 18 E pensare che è la città del Duemila

1994 settembre 18 – E pensare che è la città del Duemila

Fate morire una volta per tutte Venezia e non se ne parli più, amen. Una suprema eutanasia sulle note di
Vivaldi prima che la quotidianità la uccida nel peggiore dei silenzi: quello dell’indifferenza. Noi non
siamo pessimisti, anzi, crediamo che tutto sia ancora possibile. Addirittura siamo convinti che, sulla
carta, il Terzo sia il Millennio fatto su misura per Venezia. La Ferrovia e la Stazione Marittima furono
l’Ottocento, Marghera il Novecento. Il Duemila è l’informatica, l’elettronica, il computer, il sapere, il
lavoro a distanza, la scienza soft, lo sviluppo che produce non capannoni ma grandi masse
d’informazione. Fine degli spazi, inizio del tempo sostenibile dall’ambiente. Muore il mondo hard e
Venezia l’Unica diventa uguale, può anche produrre, tenere il passo della concorrenza, stare sul mercato.
La tecnologia la rende tutt’altro che vecchia: è il suo insperato elisir di lunga vita. La nuova fabbrica
potrebbe abitare anche a Palazzo Ducale. Ma la cosa non sembra interessare nessuno. Forse qualcuno
pensa che lo stesso Gazzettino sia un reperto di Venezia e che parli con lo stesso linguaggio delle pietre.
Muto. Fatto sta che Venezia insegue il Duemila con l’esodo degli uomini e gli appelli delle Istituzioni.
L’unico genere che non conosce crisi è la litania, l’istinto di Morte, gondole nere come prefiche. Amata
dal mondo che non la può amministrare. Finanziata dall’Italia che non sa governarla. Esibita dai veneti
più come cartolina che come patrimonio. Amministrata da troppi veneziani quale rendita. Venezia non
muore perché delicata, per rigetto da modernità. Se muore, lo deve soltanto a una civiltà che non la merita
più. O meglio, una civiltà che non è più tale, che non ha e che non consegnerà memoria di sé. L’ottusità
impedisce di vedere che Venezia è anche laboratorio, luogo per innovare la cultura della qualità. E del
vivere. Non è morta Venezia, è morto dentro chi non si accorge che, come città del nostro tempo, essa
deve e può vivere.

18 settembre 1994