1994 maggio 22 Governare dopo quel disastro

1994 maggio 22 – Governare dopo quel disastro…

Gli anni Ottanta, il massimo della benedizione, il massimo della maledizione. Come il bastone di Aronne
che si trasforma in serpente. C’è qualcosa di biblico nell’interminabile agonia di una stagione politica
che si era identificata nel potere, nell’affare, nel consumo, nelle mode, nei condottieri d’industria,
nell’oligarchia dei clan, anche nei miti della «prima volta», la prima di un presidente del Consiglio laico,
la prima di un socialista. Oggi raccogliamo i detriti di quelle poche speranze, di tanti miraggi, di
un’epopea di trucchi. Nel giro di pochissime ore, Andreotti rinviato a giudizio con l’accusa di mafia.
Craxi ammalato e invitato a restituire il passaporto. Le Fiamme Gialle che sequestrano documenti a
Mediobanca, quartier generale del capitalismo più selettivo. L’ex-capo dello Stato Cossiga che indica
nei servizi di sicurezza della Repubblica una struttura composta per due terzi da «ladri» e «protettori di
ladri». E intanto magistrati e colonnelli sbattuti in galera con accuse che vanno dalla concussione, al
traffico d’armi e di banconote. Pezzi di Stato che cadono a pezzi, anche se la bonifica è appena
cominciata. Tra i tanti processi che riguardano la tangentopoli veneta e in particolare il portaborse di
Franco Ferlin, spicca una valigetta con 500 milioni in contanti. I grandi centri commerciali alla caccia di
licenze avevano bisogno come il pane di gente influente in Regione ma con la complicità – recitano gli
atti – di un «funzionario ignoto». Accanto ai funzionari per bene, quanti «funzionari ignoti» infestano
tuttora l’amministrazione del nostro Paese? Quanti continuano a lavorare indisturbati, protetti
dall’anonimato della burocrazia? Quanti restano lì in agguato, per qualche tempo in sonno, pronti a
irretire nella macchina senza volto e negli atti senza responsabilità anche gli ultimi arrivati della politica
e dei Comuni? Dimentichiamo gli strepiti di Occhetto e, ahinoi, le litanie di Rosy Bindi e Segni. La
maggioranza di Berlusconi nasce da quel disastro, non a Predappio o alla Fininvest! Smettiamola con
questa buffonata, patetica quanto la battaglia di La Malfa contro la legge Mammì: insomma, chi era
Mammì, a quale partito apparteneva se non allo stesso di La Malfa, chi volle e votò quella legge? Certo
che occorre mettere ordine, aggiornare regole, pretendere garanzie, ma per ricostruire dopo un record di
inefficienza e di corruzione non per fare i cecchini dai banchi di un’opposizione senza respiro e senza
avvenire. I motivi del nostro ottimismo sono più d’uno: il mondo del lavoro e dell’impresa aspetta
soltanto di essere messo nelle condizioni di reagire; i Di Pietro continuano per la loro strada; la sinistra
scopre in Massimo Cacciari il suo lucido picconatore. E, soprattutto, gli italiani hanno dimostrato dal
1990 ad oggi di saper sfruttare il referendum e il voto con una perentorietà da grande democrazia europea.
Gli elettori marcheranno stretto Berlusconi, assai meglio di tanti suoi frustrati avversari.

22 maggio 1994