1994 luglio 17 Berlusconi, perché vuole lo scontro

1994 luglio 17 Berlusconi, perché vuole lo scontro

Non ci siamo sbagliati. La lega non poteva far passare il decreto Biondi: si sarebbe mangiata la base.
Che nasce di opposizione, di protesta, anticipatrice di Mani Pulite.
Non poteva accettarlo Fini, se non a rischio di bruciarsi in un colpo solo tutto il credito conquistato
anche nel nome della questione morale. Cancellare il fascismo dai suoi dintorni era stata un’impresa
storica; cancellare la corruzione e la concussione dalla lista dei reati gravi gli avrebbe procurato una
Waterloo in Alleanza Nazionale.
Tra un Clinton e un Roberto Baggio, il Governo ha creduto che gli italiani se ne fossero andati
politicamente al mare. Un errore talmente pacchiano da nascondere probabilmente un altro disegno.
Se il presidente della Commissione Cultura, Sgarbi, definisce “assassini” i magistrati del pool di
Milano; se il ministro Ferrara catechizza il ministro degli Interni, Maroni, come “infantile e dilettante”
soltanto per essersi scusato con l’opinione pubblica; se lo stesso Berlusconi afferma a Trieste che il
suo decreto va semmai esteso non certamente compreso, allora l’obiettivo è forse il voto. Tornare a
votare, per liberare Forza Italia dalla mezzadria con gli alleati.
Quella che nei mesi scorsi fu a turno una minaccia, un’allusione o un’ipotesi, diventa di colpo un
calcolo politico. La partita in gioco ora è questa e senza garanti. Scalfaro – solitamente prudente e
timorato – ha firmato il decreto Biondi di buon mattino, senza esitare un solo attimo.
Con la Giustizia non si scherza. Non si fanno decreti in quattro e quattr’otto; non si approvano leggi
lunari, che non tengono conto della realtà. In un’Italia finalmente europea, noi vorremmo carceri
svedesi per civiltà, processi ridotti al minimo come negli Usa, procedimenti rapidi così da liquidare
la vergogna di 25 mila persone in carcere in attesa di giudizio.
Vorremmo uno Stato che investe denaro sull’efficienza della magistratura. Un grande sforzo culturale
per liberare i giudici dalla politica, gli avvocati dal formalismo degli azzeccagarbugli, l’informazione
dall’affievolito rispetto per la persona dell’indagato.
Questa è Giustizia, non oltraggio al senso dello Stato portato attraverso la ridicolizzazione di tutti i
reati contro la pubblica amministrazione. Un lusso che non ci possiamo permettere in un Paese dove
il procuratore di Palermo vive protetto a mano armata, dove i pentiti di mafia vengono ammazzati
fino al sesto grado di parentela, dove la Corte dei Conti ci spiega che i ribaldi della prima Repubblica
si sono fatti fuori l’equivalente di dieci maxi-manovre fiscali.
Maroni afferma di essere stato raggirato in consiglio dei Ministri. Se questo accade tra chi ci governa,
può accadere anche verso chi è governato. Il sorriso di Berlusconi non basta più. Ci vuole ben altro:
prima era divisa la maggioranza, ora lo stesso Governo. E’ la prima volta che Berlusconi viene battuto
dall’opinione pubblica.
Il decreto è già superato. Biondi, chi era costui?