1994 dicembre 8 Chi ha paura dei simboli?

1994 dicembre 8 Chi ha paura dei simboli?

Da Budapest Silvio Berlusconi ha lamentato “un inaccettabile grado di fanatismo intorno a figure
pubbliche di amministratori della giustizia condannati a diventare bandiere o simboli”. Non c’è
dubbio alcuno: Antonio Di Pietro era, resta un simbolo.
Ma la stima che lo circonda non assomiglia in nulla al “fanatismo”. Il fanatismo è cieco, acritico, non
sente ragione.
Scegliendo come simbolo Di Pietro, tanti italiani hanno ragionato, visto, verificato sul campo. Il fatto
è che questo nostro Paese aveva una gran voglia, anzi bisogno fisico di simboli.
Non astrazioni d’uomo, non saltimbanchi della parola, non professionisti dell’ideologia, ma gente cui
consegneresti il portafoglio e da cui acquisteresti l’auto usata a occhi chiusi. Di tutto ciò è diventato
simbolo Di Pietro: questione di credibilità, non di invasamento; di fiducia in un pezzetto di Stato, non
di ubriacatura da piazza.
Oltretutto, guardiamoci negli occhi, la restaurazione del senso di legalità supera il territorio della
politica. Ci racconteremmo una menzogna di proporzioni storiche se pensassimo che Mani Pulite vale
soltanto come inchiesta giudiziaria al ceto dominante dell’ultimo ventennio. Se deve emanare anche
un bagliore civile sui passi che ci attendono, nessuno può chiamarsi fuori.
Troppa piccola illegalità è diventata legale sotto i nostri occhi, giorno per giorno, nella vita quotidiana
di grandi e piccoli paesi e città, per non capire che Mani Pulite è anche un guardarsi allo specchio.
Non più un affare penale, ma un onesto esame di coscienza tra i cittadini, il tentativo di ricominciare
a creder nelle Istituzioni e nell’amministrazione.
Da anni e anni si sono andati riducendo a zero il senso dello Stato, l’aspettativa di giustizia, quel
“liberalismo delle cose” che a Luigi Einaudi procurava fede negli uomini e scetticismo nelle formule.
In un’Italia orfana sia di uomini che di formule, sarebbe stato davvero stupefacente che fosse passato
inosservato Antonio Di Pietro.
Simbolo, non monumento. Perciò con le sue dimissioni sarà impossibile non fare i conti.