1994 agosto 5 Una certa idea dell’Italia

1994 agosto 5 – Una certa idea dell’Italia

Da tempo sapevamo che era ammalato e che non ce l’avrebbe fatta, ma non ci eravamo preparati
come usano i giornali quando si teme per la morte di un personaggio della vita pubblica. Né
“coccodrilli” scritti anzitempo né pagine preconfezionate: niente.
Forse ce lo impediva, oltre che la tristezza personale, anche il silenzio scelto da Giovanni Spadolini
per il congedo. Ha protetto la malattia dal principio alla fine: lui uomo da sempre sulla scena, ha
deciso di tirare giù il sipario in solitudine. Con una discrezione che sembra venire da virtù lontane.
Soltanto ieri pomeriggio, dopo che la nostra redazione romana ci ha telefonato la notizia, abbiamo
riflettuto, deciso come ricordarlo, disegnato le pagine, scritto e fatto i titoli. Nello scegliere tra le
innumerevoli immagini conservate dall’archivio, una fotografia ci è parsa spiegare Giovanni
Spadolini agli italiani: questa che pubblichiamo di spalla.
L’uomo dell’istituzione.
Il presidente del Senato che esce dal Quirinale, salutato dal corazziere: prima, molto prima dello
storico, del direttore di grandi quotidiani, dell’intellettuale, dello stesso politico, l’uomo che sente
addosso come una seconda pelle il senso dello Stato. Quella certa “idea dell’Italia” che gli aveva fatto
scegliere Piero Gobetti come eroe morale, l’apostolo della “rivoluzione liberale” in un Paese che mai
la conobbe nonostante l’abuso del suo lessico e il disconoscimento dei suoi ideali.
Non è stato uomo né della prima né della seconda Repubblica.
La sua era la repubblica senza aggettivi, il luogo del Risorgimento perpetuo, un pezzo di storia più
ancora che una Costituzione. Ogni storico – gli aveva insegnato Schlegel. è un po’ un profeta del
passato.
Era tanto preso dal ruolo istituzionale da trarre in inganno, fino a sembrare preso di sé, per debolezza
umana. In verità, credeva nella vocazione civile della politica al punto da confondersi con essa, quasi
fisicamente.
In un’Italia di cultura cattolica e marxista che rimanda sistematicamente ad altro, sia la chiesa o il
partito, il dogma o la lotta di classe, Spadolini ha professato la laicità liberale. Un esercizio quotidiano,
che costruisce giorno per giorno, senza paradisi e millenarismi, senza illusioni ma con coraggio, con
la pazienza antiretorica della democrazia.
Non per niente ha dedicato molte pagine agli “uomini che fecero l’Italia”. Che la “fecero”, voce del
verbo fare, il più concreto e artigianale, quasi a dire che quel lavoro continua, oggi come ieri, nella
sequenza delle generazioni, oltre la meschinità.
Ci lascia un uomo di Stato probo, prestato alla politica non al potere. Chi ha pensato di collocarlo
anagraficamente nel vecchio sistema, non ha capito nulla di Giovanni Spadolini. Ma nemmeno
dell’Italia.
A lutto è la Repubblica, non il Palazzo.