1994 agosto 3 Politica allo stato passionale

1994 agosto 3 – Politica allo stato passionale

Almeno il Parlamento ha ritrovato la passione. Anche l’intolleranza, l’invettiva, l’insulto, che a volte
rappresentano il modo sbagliato per fare finalmente chiarezza dopo decenni di compromissione elevata
a sistema. Bentornata Camera, viva perché spaccata, spaccata perché non corrotta dal sottobanco. Il
Parlamento ha ritrovato se stesso, con la concitazione e la fatica cui vanno incontro le democrazie quando
nascono o quando cambiano pelle. Ieri sera lo scontro non avveniva tra i De Gasperi e i Togliatti a cavallo
tra gli anni ‘40 e ‘50, ma qualcosa di impalpabile lasciava chiaramente intendere che la Repubblica e le
sue regole sono più che mai friabili, in rapida evoluzione, sottoposte a uno scontro non soltanto politico
in senso stretto: attraversato anche da sensibilità, valori, personalità davvero alternative. O di qua o di là.
La Camera ha toccato tasti, di formidabile impatto. La giustizia, l’informazione, la miscela di interessi
tra istituzione e privato, il modo di governare e di fare opposizione. Certo che l’economia merita la
precedenza su tutto, ma nessuno s’illuda: reggerebbe poco il Paese che pensasse esclusivamente al
fatturato. Soltanto i Paesi capaci di ideali e di senso dello Stato sapranno affrontare le peggiori
congiunture economiche e potranno godere con equità distributiva del benessere fondato sul lavoro e
sull’impresa. Berlusconi ha toccato le stesse corde della campagna elettorale, cercando i telespettatori
più che i deputati. Ha alternato toni prudenti a sferzate che non hanno risparmiato né D’Alema né Bossi.
Più duro con il secondo, più sprezzante con il primo segnalando una caduta di stile che si sarebbe potuto
evitare. In fondo, Berlusconi ha individuato senza mezzi termini i due leader dell’opposizione: esterna e
interna, a riprova dei tempi appena nascenti che stiamo ancora attraversando. Il grande assente è stato
ancora una volta il pragmatismo, la voce alta e schietta dei fatti. Ma non ci sarà crisi, ha esordito Bossi,
e dunque non ci saranno «ostaggi». Finora, a tenere in ostaggio Berlusconi sono stati soltanto i suoi errori.

3 agosto 1994