1993 settembre 19 La grande questione

1993 settembre 19 – La grande questione

Ci sono carabinieri e poliziotti fatti a pezzi dalla mafia. Ma funzionari dell’anti-crimine in galera per
collusione.
Ci sono magistrati che demoliscono il regime dell’illegalità. Ma altri che ne hanno goduto e abusato.
Ci sono giornalisti che hanno lavorato per l’opinione pubblica. Ma giornalisti che l’hanno tradita –
per qualche fetta di salame – come ha definito le mazzette il finanziere socialista Cusani.
Ci sono oggi i preti che la mafia ammazza come cani. Ma ci sono preti in odore di contiguità con le
cosche.
Una cosa sappiamo: che non si salva più nessuno. Non nel senso che tutto sia marcio e che tutti
abbiano venduto l’anima e la professione. Piuttosto, è come se ciascuno di noi dovesse lavorare anche
contro ciò che rappresenta.
Lo Stato contro pezzi di Stato, la Chiesa contro pezzi di clero, la magistratura contro pezzi di
magistratura, l’informazione contro pezzi di informazione. A prima vista, è dramma; a guardar
meglio, è una fortuna: sapere che i salvacondotti sono sospesi, che non esistono bramini, che nessuna
categoria l’ha fatta franca. Che, dunque, nessuno può chiamarsi fuori.
Tantomeno gli imprenditori. C’è chi tra loro ha lavorato sodo e duro, ma c’è chi ha stretto con la
partitocrazia un patto che funzionava né più né meno che come un trust: dominare il mercato senza
concorrenza.
Loro braccio armato erano spesso le banche gestite dall’ultima, festante generazione dei padroncini
di partito. Un credito doroteo, uno socialista, una mano lava l’altra nella spartizione.
In questo nostro Paese dove si parla di solidarietà anche alla toeletta, l’economia sociale risulta tuttora
sconosciuta. In nessun Paese industrializzato i piccoli azionisti e i piccoli risparmiatori sono tanto
esposti: autentica carne da cannone per il debito dello Stato e per le tante Enimont finanziarie.
Ci troviamo in una situazione a dir poco patologica. L’unico controllo che funzione è quello penale
che – come fanno notare i migliori magistrati – dovrebbe invece rappresentare l’eccezione. Altri
controlli non producono effetti perché la grande placenta della burocrazia li separa da ogni realtà.
Basti pensare che nel solo 1990 sono stati effettuati dall’amministrazione dello Stato ben cento
milioni di operazioni di controllo – 100 milioni! – senza che venisse alla luce un solo caso di mazzetta.
La mera formalità dei controlli li vanifica sul nascere, anzi li trasforma in garanzia del malaffare: le
più grandi ruberie oggi sul tavolo delle Procure sembrano sempre in regola con le carte e con i visti
dei funzionari.
Sarebbe follia confondere bombe e tangenti. Eppure gli italiani sentono ce in ballo c’è una sola grande
questione: convivere per sempre con il sistema o rifiutarlo in blocco.
“Pentitevi”, intima il Papa ai mafiosi; “ribellati” grida il Cardinale al popolo di Palermo. La Chiesa
parla alto e forte alle coscienze, per non lasciarle spegnere di solitudine. Ma una democrazia non ha
altre armi che la forza del diritto e il senso del futuro.
Intransigente la prima, generoso il secondo. Questi sono anni e mesi e giorni da investire.