1993 ottobre 9 Dove saremo domani

1993 ottobre 9 – Dove saremo domani

Ci siamo ritrovati in una sala pubblica di Belluno, a cercare di ricordare e capire il Vajont. Quel monte
Toc lasciato cadere come un masso in un bicchiere esattamente la sera di trent’anni fa. Morirono in
duemila.
Giampaolo Pansa, allora giovanissimo inviato de La Stampa di Torino, ha raccontato un telegiornale
che rimase nella storia. Perché, per la prima volta in Italia, le telecamere furono portate a bordo di un
elicottero: i telespettatori videro la montagna piombata giù, la diga ancora salda. Erto e Casso sull’orlo
del nulla, Longarone spianata sotto una distesa di sassi. La Tv fu un colpo nello stomaco degli italiani,
ma fece strage anche della bella calligrafia di tante grandi firme del giornalismo che fino allora si
erano abituate a descrivere dalla stanza dell’albergo.
Però non è di una grande firma che si è parlato, dovendo mettere a fuoco il ruolo dell’informazione
“prima” del Vajont. Abbiamo discusso il caso di Tina Merlin, bellunese di Trichiana, giornalista de
l’Unità (allora organo ufficiale del Partito Comunista Italiano), come esemplare della denuncia
inascoltata, dell’inchiesta mai presa sul serio, in poche parole della solitudine del cronista. Soprattutto
quando, in tempi di piena ideologia, un piccolo invisibile muro di Berlino separava anche le cronache
locali. Chi stava all’opposizione poteva dir le cose ma non contava nulla; chi aveva il monopolio
dell’informazione – anche Il Gazzettino di una stagione cancellata – era la voce del potere forte. Come
la potentissima Sade, ad esempio, la Società Adriatica di Elettricità che a tutti i costi volle quel bacino.
E allora che cosa abbiamo concluso? Che l’unica vera forza di democrazia sta nel controllo di massa,
diffuso. Che questo tipo di controllo diventa decisivo soltanto quando l’informazione si salda con
l’opinione pubblica.
Il Vajont insegna anche all’Italia di Tangentopoli. Magistrati e giornalisti si sentono chiedere spesso:
ma dove eravate? D’ora in poi conterà persino di più domandarci dove saremo domani. Se con la
Sade e il Palazzo o con la realtà.