1993 marzo 26 Per Fontana nuovo avviso

1993 marzo 26 – Per Fontana nuovo avviso

L’altro giorno a Roma il consiglio nazionale della Dc ha applaudito a lungo – un’interminabile
ovazione – il senatore Severino Citaristi, cassiere di partito con ventuno avvisi di garanzia sulle spalle.
Contenta la Dc, contenti tutti.
Senza lo zoccolo duro dei cattolici, unico vitale, questa Dc si sarebbe già sciolta. Al Sud come al
Nord.
A Napoli l’on. Vito non ha ancora cominciato a parlare, si è limitato a bisbigliare. Nel suo ufficio di
“commercialista”, dedito anema e core ad Antonio Gava, l’on. Vito ha visto transitare il più alto flusso
di finanziamenti della storia di Napoli; dai 15 mila miliardi destinati alla sola città per il terremoto, ai
mondiali, ai finanziamenti speciali, al centro direzionale e via elencando. Cifre da capogiro.
Se gli ha preso davvero la nausea, e Vito racconta tutto ciò che ha spartito, torna attivo il Vesuvio.
Finora siamo alle briciole.
Il bello è che i dorotei come lui non si fanno più sentire, hanno scelto le catacombe. Al consiglio
nazionale non uno di loro che abbia preso la parola, per rompere sia pur timidamente il monopolio
della sinistra di Martinazzoli.
Ma il caso-Fontana, leader della sinistra Dc veronese, mette i brividi soprattutto al Nord. Si
dimostrerebbero infatti due spartizioni: la storica fra Dc e Psi; l’altra fra dorotei e sinistra Dc. Un
consociativismo alla veneta attraverso il quale all’esterno apparivano scontri titanici tra correnti quelli
che all’interno filavano lisci come l’olio al momento dell’incasso.
Le conseguenze sono due, una retroattiva, l’altra attualissima. La prima: non sapremo mai quali opere
e quali progetti per il Nordest siano stati o appoggiati o sabotati per puro dosaggio tra partiti e correnti.
Se lo scenario è quello che appare sia a Verona che a Venezia, anni di cosiddetti dibattiti sul futuro
del Nordest, tra i Bernini e i De Michelis, come tra i Bernini e i Fracanzani o i Fontana, acquistano
oggi un significato molto più terra terra. Spesso, quote di sotto potere e di illegalità sommersa
travestite da idee.
La seconda conseguenza. Adesso si capisce meglio perché i pochi Dc ancora esenti da inchieste
giudiziarie non sfruttino minimamente la situazione offrendosi come onesta alternativa ai colleghi del
malaffare. Il fatto è che si sentono soltanto risparmiati, altrettanto a rischio, forse a piede libero.
Il sistema li ha resi complici e loro non lo possono ripudiare. Soltanto le inchieste dei magistrati, i
referendum popolari, nuove elezioni e una grande mobilitazione culturale dei giovani potranno
archiviare alla svelta un sistema oramai radicato come un costume.