1993 luglio 25 La vera violenza

1993 luglio 25 – La vera violenza

Mamma mia, sarebbe utile rileggere Giovanni Falcone! Quando ad esempio sosteneva che
“possiamo sempre fare qualcosa”, consigliando a magistrati e poliziotti di lasciar perdere le litanie
di quanti – con la scusa di puntare al cambiamento della società – mantengono intanto le cose così
come stanno.

Per anni, decenni, la corruzione è stata sotto i nostri occhi. C’è chi come Pannella, bisogna
riconoscerlo, la denunciò negli anni Settanta tra l’indifferenza di un Paese in cui la cultura liberale e
progressista resta tuttora “estranea, straniera, nemica”.

Senza la protesta di massa e senza Mani pulite, l’Italia non sarebbe mai uscita dalla fase della
denuncia. Se non chiariamo questa verità, gli equivoci continueranno a camminare tra di noi.

Possiamo sempre fare qualcosa, così con la mafia, così con la corruzione di regime. “Fare” significa
reagire, reprimere, rispondere colpo su colpo, ritrovare il filo della legge, restituire ossigeno alle
regole e ai codici.

Il gene della tangente non è italiano. Gli italiani non sono più ladri dei giapponesi o dei tedeschi o
degli americani. Di peculiare, in questa fase della storia italiana, è l’identità tra politica e affarismo,
tra Stato e corruzione, tra servizio e tornaconto.

Siamo più marci perché l’illegalità è andata al potere. Non è che ci manchino le regole; solo che la
Costituzione formale, fondata sul lavoro, ha ceduto alla Costituzione reale, fondata sulla furbizia.

Vero, verissimo, soffia una certa dose di violenza attorno a noi. Le parole diventano pietre, la pietas
dilegua, la politica si fa cattiva. Muoiono insieme la retorica, la mediazione, il compromesso, fino a
tagliare i ponti. Ma una ragione esiste e giunge da lontano, da molto lontano: la violenza più brutale
l’ha generata proprio lo Stato del malaffare e dello spreco, che ha imposto sulla sua Gazzetta
ufficiale il primato del potere separato tanto dal fine quanto dai mezzi.

Contro tutte le apparenze, anche i suicidi sono il lascito di quella morente violenza.