1993 gennaio 22 Povera Zoe

1993 gennaio 22 – Povera Zoe

E’sicuramente molto provinciale leggere l’America con occhi italiani, un po’ come capita quando i
marines piombano in Somalia o in Iraq. Rischiamo di non capire nulla, perché applichiamo a una
superpotenza – l’unica oggi – gli schemi mentali di un Paese che fa fatica a metter in volo dieci
tornado.
Sarà provinciale, ma sul tema della corruzione si possono fare ragionamenti più pertinenti. Basti
pensare come sono andate le prime 48 ore di Bill Clinton.
La prima firma del nuovo Presidente ha siglato il decreto sull’etica della politica. In genere, da noi si
tratta di un’amnistia.
Poco importa richiamarsi alla tradizione puritana dei Padri fondatori. Il Paese più capitalista del
mondo si dà per simbolo una misura preventiva di onestà e di servizio.
Quel decreto vieta ai membri del governo qualsiasi rapporto con società o enti per cui abbiano
lavorato e obbliga a privarsi di partecipazioni o pacchetti azionari. Vieta inoltre di far parte di lobby,
anche se visibili e trasparenti, per ben cinque anni una volta abbandonata l’amministrazione federale.
Questo il primo atto formale di Clinton.
Dopo di che il Presidente degli Stati Uniti, l’uomo che dispone della maggior concentrazione di potere
in una democrazia occidentale, ha dovuto rinunciare al neo ministro della giustizia, Zoe Baird,
colpevole di aver assunto come domestici due immigrati clandestini. Insomma l’equivalente di un
paio di colf filippine non registrate nelle nostre questure.
Molti esperti legali statunitensi lo considerano un peccato veniale. Ma il Senato e Clinton non hanno
fatto una piega; la signora Bayrd, nonostante il grande prestigio personale e professionale, s’è dovuta
scomodare.
Non si tratta di una neo-ventata moralistica dei democratici. Su queste cose gli americani fanno
sempre sul serio. Hanno i loro scandali colossali, la loro bella corruzione, ma non ne fanno sistema.
Anzi, nel ricambio radicale dei ceti politici, trovano la forza di non guardare in faccia nessuno.
Tantomeno i presidenti.
A Nixon toccò di essere cacciato di brutto dalla Casa Bianca per aver mentito. Bugie in fondo banali,
ma se un presidente mente una volta vuol dire che è pronto a mentire ancora o sempre. Negli Stati
Uniti le regole della credibilità sono spietate perché spietato è il giudizio popolare nelle democrazie
che funzionano.
Sarà un caso, eppure merita di essere segnalato. Nelle stesse ore, in Italia, Governo e Parlamento sono
molto impegnati a comprimere la libertà di stampa; un sistema indecente pretende anche di lavorare
in santa pace.