1993 aprile 26 Se è un ibrido

1993 aprile 26 – Se è un ibrido

In un Paese abituato all’alternanza di potere chi vince governa. Se non ci si batte per governare, che
politica è?
Avendo stravinto il Sì referendario e dovendo il prossimo governo tramutarlo in legge elettorale,
presidente del Consiglio dovrebbe già essere Mario Segni. O Marco Pannella oppure l’economista
Romano Prodi, molto vicino al primo.
A Scalfaro hanno fatto il nome di Segni la Lega Nord, il Pri, il Pds. Segni non sarà un Churchill da
“lacrime e sangue” né un De Gaulle tutto “patria e grandeur”, ma da tre anni lavora con molta
coerenza per sgomberare la scena italiana da nani che sembravano giganti.
La Dc lo vede come il fumo negli occhi. Mal sopporta Segni perché rappresenta l’unica idea uscita
dalla Dc negli anni ’90. Non solo. Per rendere quell’idea più riconoscibile e leale, Segni ha dovuto
abbandonare la Dc: con due/tre mesi di ritardo, ma giusto in tempo per non finire fagocitato dal grande
declino del partito.
A volte, il professor Giuliano Amato dice cose tropo intelligenti per la congrega con la quale si ritrova
e viene sdegnosamente redarguito ad ogni piè sospinto. E’ accaduto quando ha definito “regime”
questo sistema da basso impero. Ha raccolto il bis, apriti cielo, per aver invitato a riflettere su
un’analogia storica: il partito-Stato ha funzionato con il fascismo ma non si è esaurito con esso. Anzi,
ha avuto un’appendice repubblicana.
Sa benissimo Amato che la libertà della democrazia fece la differenza, senza il minimo equivoco.
Intendeva tuttavia mettere a fuoco una radice di tanti guai di oggi: il partito fatto coincidere con lo
Stato. Come dargli torto? Al contrario della Francia o del Giappone, in Italia politica e Stato si
corrompono insieme. E se in crisi va la prima, al secondo mancano gli anticorpi proprio perché lo
Stato è cosa dei partiti o, addirittura, loro bene disponibile.
Martinazzoli non tollera la parola regime, né quei ragionamenti sul partito-Stato e per di più sceglie
come bersaglio giornali e Tv. Dopo decenni di copertura capillare della Chiesa nel nome dell’unità e
di collateralismo da parte delle lobby produttive, il segretario dc sembra più preoccupato da chi come
Segni intende rompere con il passato per reinventare il consenso popolare che da chi, a forza di
mediare tra De Gasperi e Pomicino propone un ibrido. Né Dc né partito nuovo: che cosa?