1993 agosto 8 Ciampi, il meglio del peggio

1993 agosto 8 – Ciampi, il meglio del peggio

Soltanto dei pazzi furiosi possono prendersela con questo Governo, come se fosse compito di
Ciampi cancellare in pochi mesi il disastro di anni. È già tanto, tantissimo, che riduca al minimo la
vertigine del Paese di fronte al vuoto politico. Più che un programma, quello di Ciampi è una tabella
di marcia.

Questo che passa per il Governo più tecnico del dopoguerra, è in realtà l’esecutivo più condizionato
dall’opinione pubblica. Basti guardare alla sanità, al fisco, alle privatizzazioni, ai tagli di spesa, alla
riforma elettorale, all’azzeramento dei servizi segreti, alla ritrovata prudenza sui colpi di spugna
giudiziari: a tutti i livelli, le mediazioni di partito sono totalmente saltate cedendo il posto alle
pressioni di massa.

In fondo, è come se Ciampi fosse il primo presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo!
Nel senso che lavora su mandato, in emergenza, a tempo, per dare corpo legislativo allo spirito dei
referendum e per garantire affidabilità ai mercati.

La debolezza del Parlamento dà forza a questo governo. Del resto, come potrebbe Ciampi guidare la
transizione se non tenendo a bada il più possibile le Camere del vecchio regime?

Un programma di legislatura non esiste. La maggioranza risulta soltanto sulla carta. La politica
cresce in incubatrice. L’unica Istituzione in piedi resta il Quirinale. Ciampi non ha ponti, né alle
spalle né oltre lo sguardo. Vive la realtà e le urgenze assecondandole; sa benissimo che “contro la
realtà non si ha mai ragione” (Alain Payrefitte).

A Ciampi, che parlamentare non è, l’operazione riesce con maggior naturalezza. Quando governava
la Banca d’Italia, ha lavorato anni per affrancare l’Istituto dalla morsa della partitocrazia. Oggi
punta a salvaguardare il Governo da un sistema che ha perso ogni titolo per dargli l’indirizzo
politico.

Ciampi è il meglio nella peggior congiuntura. Affondare anche la sua zattera equivale a mettere in
giro bombe. I sicari possono essere tanti e arruolati ovunque, ma stiamo pur certi che il bersaglio è
sempre lo stesso: l’Italia. La vogliono com’era, non come sarà.