1992 ottobre 2 Il Grande Vecchio

1992 ottobre 2 – Il Grande Vecchio

46 consiglieri su 56 presenti hanno votato a favore della permanenza di Giulio Veronese, capogruppo
Dc, nel consiglio regionale del Veneto.
Una valutazione libera e sovrana, purtuttavia maturata in un clima di accerchiamento istituzionale
che lascia sbigottiti.
Il socialista Carraro, presidente del consiglio, ha solennemente interpretato l’atmosfera evocando i
bersagli di sempre: la magistratura e la stampa. Il cui intreccio provocherebbe “ondate emotive e
confusioni inaccettabili” all’insegna del fare “di ogni erba un fascio”.
Ma quale complotto hanno mai organizzato in questi ultimi giorni il pubblico ministero Carlo Nordio
e la stampa, noi per primi? Vediamo.
Un cittadino segnala al Commissario del Governo che, in base a una legge dello scorso gennaio,
Veronese siederebbe abusivamente in Consiglio, nel senso che la sua elezione sarebbe nulla, come se
non fosse mai avvenuta. Ciò in seguito a una vecchia condanna a un anno e mezzo di reclusione per
reati non da poco, come la truffa aggravata e il falso. La riabilitazione di Veronese, intervenuta tre
mesi dopo quella legge, non poteva sanare la nullità della sua elezione.
Il cittadino in questione ha una particolare sensibilità istituzionale e sa benissimo che cosa significhi
essere eletti dal popolo. E’infatti sindaco di un piccolo comune della provincia di Padova: se davvero
uguale per tutti, la legge deve valere a Barbona come in Regione a Venezia.
Quando, il 3 settembre, la regione dichiara Veronese eleggibile, quel sindaco si rivolge alla procura
della Repubblica, con un esposto al Pm Nordio. E questo giudice scatenato si mette in testa di
analizzare seriamente l’esposto, di chiedere gli atti al Commissario del Governo e di indagare molto
rapidamente proprio a vantaggio dell’Istituzione: è semmai tenendoli in un cassetto che si potrebbero
utilizzare gli esposti a scoppio ritardato e a scopo politico. Magari dopo l’elezione di Veronese a
presidente della Giunta…
L’”autonomia e la libertà di coscienza” della Regione non c’entrano un bel nulla. Il giudice indaga
per individuare eventuali reati, come l’abuso o il rifiuto di atti d’ufficio, come l’induzione in errore o
l’usurpazione di pubbliche funzioni. Fa cioè il suo mestiere e il suo dovere, in un momento in cui
ritornano finalmente piene la domanda di legittimità e la pretesa che le regole valgano per tutti. A
cominciare dagli eletti dal popolo: che cosa può esserci di più preliminare in democrazia che avere
tutte le carte in regola per essere eleggibili?
Interrogati come testimoni dal giudice, i consiglieri hanno risposto di non conoscere l’esigenza di
quella legge e di non sapere o di sapere vagamente della condanna di Veronese. Stiamo parlando di
Consiglieri di una grande regione europea.
Per aver svolto l’inchiesta, e per averla noi raccontata dando voce a tutti indistintamente, giudice e
stampa avrebbero attentato sull’autonomia del consiglio. Il Grande Vecchio del complotto veneto
abita a Barbona.