1992 novembre 15 La fine degli inganni

1992 novembre 15 – La fine degli inganni

Sta uscendo fuori di tutto, perché è arrivato il momento della verità. Ingannati per anni dal politichese,
ricominciamo finalmente a parlare in italiano. Un’operazione di igiene politica che parte dalle parole.
C’è in giro un gran ritorno del manicheismo: tutto il bene da una parte, tutto il male dall’altra; il
vecchio sarebbe interamente da buttare, il nuovo da accogliere a scatola chiusa. Noi non apparteniamo
a questa scuola di pensiero; la democrazia è molto più flessibile nel selezionare le classi dirigenti. E
con le etichette non si fa molta strada.
Ma un confine risulta ormai chiarissimo. Tra chi cerca disperatamente di cambiare, cioè di preparare
il nuovo, e chi continua imperterrito a credere che gli stessi responsabili dello sfascio siano autorizzati
a tenere in pugno passato, presente e futuro del nostro Paese. Su questo confine lo scontro è radicale,
senza compromessi.
Siamo d’accordo: il Parlamento sta al centro della democrazia e non va espropriato. Ma quale
Parlamento, quello che da vent’anni si è degradato a consiglio di amministrazione delle segreterie di
partito?
Nemmeno i referendum rappresentano da soli la soluzione. Ma una cosa è matematica: senza di essi,
un potere sempre più chiuso e ringhioso non si sarebbe mai sentito minacciato dall’opinione pubblica.
Assistiamo a giri di valzer di altissima scuola. Pazzi da legare sarebbero i Segni, La Malfa, Martelli,
Pannella, Bossi, cattolici e laici, quegli iscritti che da sinistra a destra stracciano le tessere dei vecchi
partiti per ricominciare da capo senza vendersi per corrente e senza farsi finanziare per tangente.
Filibustieri sarebbero quei milioni e milioni di italiani che hanno deciso di non fidarsi più dei finti
riformisti al potere.
Il Palazzo continua a dar lezione agli elettori! Con la propria inefficienza ha partorito la protesta, ma
oggi tenta di criminalizzarla sparando nel mucchio. Se rozza è la furia di cambiamento, assai più
rozzo è l’istinto conservatore degli apparati.
Certo, gli innovatori sono anche divisi, a volte contraddittori, non sempre con la bussola sicura tra le
mani. Pagano un prezzo fisiologico alla storia che accelera e che non ha più la pazienza di aspettare.
La speranza non è come i Bot. Il suo rendimento si misura sul coraggio della libertà.