1992 febbraio 5 Lo sfascio è finito

1992 febbraio 5 – Lo sfascio è finito

Cossiga ha sciolto il Parlamento che più ha discusso di riforme e che meno ne ha fatte. L’unica riforma
l’ha introdotta il referendum sulla preferenza unica, detestata dagli apparati di partito abituati a
giocare con i numeri sulle schede come con le tessere fasulle.
Lo sfascio è finito. Si placa una fase benemerita della vita italiana, durante a quale una ventata di
protesta popolare e di scollamento istituzionale ha permesso di mettere a nudo il sistema. Senza
pudori e senza pietà; i primi avrebbero favorito il Palazzo; la seconda avrebbe fatto il gioco dei furbi.
Gli sfascisti come noi hanno impedito che vincessero i gattopardi della conservazione.
Adesso la parola ritorna ai cittadini. Fra due mesi esatti, entreremo nei seggi elettorali con una dose
inusitata di entusiasmo. Perché sarà arrivato il momento di ricostruire; un processo lungo, a più tappe,
molto tormentato, ma innovatore come non mai. Riuscendo a scegliere con puntiglio i candidati
affidabili presenti in ogni partito, avremmo già fatto una mezza rivoluzione; se poi votassimo soltanto
candidati credibilmente impegnatisi in questi anni nei referendum riformisti, allora avremmo
esautorato almeno mezza partitocrazia. Quella fondata sui portaborse, i tirapiedi, gli intrallazzatori
pubblici e privati.
E’il momento di essere molto esigenti; solo la politica permette di giudicare gli uomini senza tormenti
esistenziali. Parlando del Partito Socialista francese, il premier Mitterrand ha fatto questa diagnosi:
“Abbiamo una crisi di languore”. Il nostro Paese patisce una crisi più acuta, di rigetto. Non è vero
che ha perso ogni energia per reagire: finché c’è indignazione c’è speranza. E l’Italia, forse anche
disordinatamente, indignata come oggi non lo è mai stata.
Ma si può ricostruire soltanto a patto di stare sui problemi, uno ad uno, con precisione, rifiutando i
polveroni, i programmi generici, i mille depistaggi dalla realtà di tutti i giorni.
Non vorremmo che, per evitare alla chetichella le urgenze della vita quotidiana degli italiani, i 60
giorni di campagna elettorale si esaurissero a colpi di dossier, di gladio, di Togliatti e di ulteriori
reperti di un passato remoto. Che cosa abbiano rappresentato il comunismo, lo stalinismo, gli
intellettuali prestati al comunismo, i tanti servili e infidi Togliatti di turno, lo sappiamo da un pezzo.
Il 5 aprile si vota per cambiare, non sugli incubi di Achille Occhetto.