1991 febbraio 3 Guerra a porte chiuse

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina:1
Data: 03/02/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: IRAQ
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Descrizione:
Titolo: GUERRA A PORTE CHIUSE. Tra censura e propaganda difficile capire
di Giorgio Lago
Bush afferma di avere già vinto, ma non riesce a provarlo. Saddam sa di avere già perso, ma attacca
come se stesse vincendo. Per fare il punto sulla guerra, i più quotati giornali americani parlano di
«caos». È tutto un «giallo». In numero delle vittime; la stima dei danni; gli aerei e le navi iracheni in
Iran; la dimensione della marea di petrolio alla deriva nel Golfo; la morte dei primi marines forse
centrati da jet alleati. Per la prima volta in diretta su 24 ore su 24, la guerra ci collega con tutto
svelandoci poco o nulla. Fra censura, propaganda, confusione e dati all’ingrosso, la stellare CNN o
Radio Bagdad non riescono a trasmettere una verità moto più attendibile di quella miniaturizzata nelle
poche pagine dei quotidiani durante la prima guerra mondiale. Allora, leggendo ad esempio il
Gazzettino di un qualunque giorno del 1917, il generale Cadorna firmava un bollettino del comando
supremo non molto dissimile dal «briefing» di Schwarzkopf. I timidi titoli di un lunedì 29 ottobre
annunciavano «La fiducia dei francesi», «Gli americani in trincea», «Il concorso degli alleati» … E se
non era la «guerra santa» di Saddam o la «guerra morale» di Bush, qualcosa di molto affine si poteva
leggere in atri titoli come «In alto gli animi», «Piuttosto morti che schiavi», «Resistere o morire», se
Saddam la chiama oggi la «madre delle battaglie», gli articoli di fondo annunciavano allora la «prova
suprema». Dopo 18 giorni, anche il concetto di guerra corta o lunga si va confondendo. Chi sperò
nella pace, spera ora nella tregua. Ma Saddam, pur di non restituire il Kuwait, espone l’Iraq alla tabula
rasa; e Bush, prima che scoppi la pace o una tregua, punta a distruggere tutto ciò che può del potenziale
iracheno. Il tempo usato come bomba. Ancora ieri Bagdad ha promesso la guerra totale, dai coltelli ai
missili, mentre gli alleati s’avviano rapidamente a toccare l’impensabile enormità di 40 mila raids aerei.
La guerra lampo progetta lutti interminabili; di colpo, la chirurgia tecnologica assomiglia tanto al
vecchio mattatoio. Contiamo i pochi morti certificati, ignari del peggio che non vediamo ma che
temiamo. Per adesso sembra una guerra presunta, di immagini cieche e di mute notizie. Una cosa
sappiamo anche se la CNN non l’ha ancora mandata in onda: che stiamo cambiando, che niente sarà più
uguale. Noi, l’Occidente e le sue armi, l’Italia nel Mediterraneo, i palestinesi, l’Islam, gli arabi tra arabi
e con Israele, l’energia nel mondo e la sua ingiustizia distributiva. L’altra sera a Venezia Valerio

Zanone ha detto che «quando parla la storia, tace la politica». Sì: e quando decide la guerra, muore
sempre il passato.

febbraio 1991