1991 febbraio 23 Oggi o mai più. Insieme e divisi

Testata: GAZZETTINO
Edizione: PG
Pagina: 1
Data: 23/02/1991
Autore: Giorgio Lago
Tipo:
Argomento: IRAQ
Persone:
Didascalia:
Descrizione:
Titolo: OGGI O MAI PIÙ. Insieme e divisi

di Giorgio Lago
Oggi o mai più. La pace si aggrappa a un nuovo ultimatum; e l’ultima parola torna sempre a Saddam
Hussein. Sullo sfondo, un intreccio tra Unione Sovietica e Stati Uniti che soltanto gli storici
riusciranno un giorno a chiarire del tutto. A fasi alterne e concitate, Gorbaciov e Bush sembrano
divergere o convergere; alleati di ferro o concorrenti; registi di un unico gioco diplomatico o attori su
copioni l’uno sconosciuto all’altro. Ma qualcosa di certo si può fin d’ora ricavare. Gorbaciov ha
certificato la fine del comunismo reale; ha abrogato l’ideologia del Muro; ha decretato la riunificazione
della Germania; ha favorito il ritorno dell’Europa orientale al libero destino della democrazia. Con la
crisi del Golfo, ha restituito dignità operativa all’Onu seppellendo l’era dei blocchi contrapposti e del
diritto di veto: indipendentemente dalle pressioni della casta militare sovietica, nessuno avrebbe potuto
pretendere da Gorbaciov anche l’abdicazione da qualsiasi ruolo, influenza, leadership in Medio Oriente.
Se Mosca è diventata la capitale della diplomazia, ciò non può che significare una reazione allo
strapotere degli Usa. Bush sta vincendo la guerra, Gorbaciov tenta di vincere la pace; il primo ha
determinato la risposta militare, il secondo punta tutto sul futuro. In nome dell’Onu, gli interessi del
mondo cercano un nuovo assetto attraverso strade anche tortuose: e del resto non potrebbe essere
altrimenti dopo decenni contrapposizione e di sfida. Lo stop alla guerra prima del massacro terrestre è
ancora incredibilmente possibile, ma gli ostacoli da superare sono terribili. Prima di tutto l’esiguità dei
tempi a disposizione: se mesi e mesi non sono stati sufficienti a trovare una via di uscita, poche ore si
appellano adesso a un miracolo d’intelligenza. In secondo luogo, l’inaffidabilità di Saddam Hussein,
stritolato fra le rovine dell’Iraq e la certezza dell’«umiliazione». Ma altri macigni ingombrano ora la
strada della pace. La macchina della guerra, che risponde a una logica autonoma e che rispetta tempi
tecnici poco inclini ai ritmi della diplomazia. Non solo. Gli stessi alleati corrono il pericolo di voler
stravincere, finendo con il sottovalutare il bilancio delle perdite umane che sull’uno come sull’altro
fronte si preannuncia pesantissimo. Non è più il tempo della pazienza. Non è mai stata possibile una
tregua, tanto meno ora. Bush e Gorbaciov usano lo stessissimo linguaggio su un solo punto cruciale:

nulla è più possibile senza un ritiro incondizionato dell’Iraq da tutto il Kuwait. L’America ha troppo
Vietnam da dimenticare per rinunciare oggi alla sua rivincita. Gorbaciov conta troppo sull’Occidente
per rischiare di compromettere anni di lavoro con un’ultima ambiguità. Il piano di Gorbaciov,
l’ultimatum di Bush e le controproposte di Gorbaciov tendono in fondo a raggiungere insieme risultati
molto diversi: la pace ora, subito, fra poche ore, ratificherebbe in Bush il gendarme del mondo, in
Gorbaciov il peso dell’Europa. Non della «vecchia» Europa della CEE, ma della nuova Europa
dall’Atlantico agli Urali, tutta da inventare ma certamente già in gestazione. O scoppia la pace o la
guerra terrestre appare questione di ore per una ragione tragicamente banale: l’altra guerra, la guerra
aerea, non esiste più da un pezzo se per guerra s’intende un qualche confronto. Gli alleati lavorano
metodicamente sui bersagli di un Paese oramai alla mercé, pressoché azzerato nella risposta, dove un
popolo e un esercito pagano tutti insieme una feroce dittatura, i drammi del Medio Oriente, le logiche
di potenza di gran parte del mondo industrializzato. Qualcosa d’irrazionale e di cinico incombe sul
nostro comune destino se a poche ore dal possibile prevarrà ancora, come dal 2 agosto, il silenzio della
ragione.
febbraio 1991