1989 giugno 6 Pericolosa ambiguità
1989 giugno 06   – Pericolosa ambiguità
«Comunismo assassino»
Il Pci veneto protesta per il titolo del nostro giornale 
I  comunisti  italiani  si  sentono  lì  in  quella  piazza  di  Pechino  insieme  agli  studenti,  ai  giovani,  ai
lavoratori che chiedono democrazia e libertà. Non smetteremo un attimo di dirlo in questi giorni in
tutto il Veneto e in tutta Italia. Noi, comunisti italiani che facciamo della democrazia e della libertà la
ragione del socialismo. Il massacro compiuto dai carri armati di Deng suscita orrore e rabbia. È un
massacro figlio della reazione.
Dobbiamo fermare quei carri armati con la forza della mobilitazione in Europa e nel mondo. Di fronte
a questo dramma appare inqualificabile ogni tentativo di volgare e meschina strumentalizzazione a fini
elettorali come appare dalle dichiarazioni di Forlani e dal titolo del Gazzettino.
È compito di ogni democratico operare in Italia e in Europa per isolare chi usa la violenza e i carri
armati per far vincere i valori universali della democrazia e della libertà. 
Lalla Trupia
(Segretario del Comitato veneto del Pci) 
Egregio direttore,
riteniamo di dover protestare con forza e sdegno di fronte a quel che leggiamo in prima pagina del
«Gazzettino» di oggi, lunedì 5 giugno 1989 (titolo: «Comunismo assassino»). Crediamo purtroppo di
riconoscere se non altro una pericolosa, consapevole ambiguità.
Non  abbiamo,  come  crede  il  signor  Lago,  bisogno  della  protezione  di  Dio  dal  comunismo.  Per  i
Comunisti  italiani  l’impegno  per  una  società  più  giusta  ha  sempre  coinciso  –  e  non  poteva  essere
altrimenti – con la scelta e il valore della Democrazia.
I giovani comunisti cinesi ricreano ogni giorno una enorme condivisione (una comunità) di valori e di
lotta. E questo è il valore e la speranza di centinaia di migliaia di giovani in Italia, comunisti e non, al
di fuori di qualsiasi logica elettorale e di schieramento.
Speriamo che il Vostro giornale impari a provare una certa vergogna se protagonista di un simile uso
della morte di decine di migliaia di esseri umani.
Con preghiera di pubblicazione, distinti saluti 
Segreteria Provinciale
della Federazione Giovanile Comunista di Verona
Luca Bragaja  
Nessuna  «ambiguità»:  volevamo  esattamente  chiamarlo  «comunismo  assassino».  Come  definirlo
altrimenti?  Abita  da  decenni  a  Pechino  l’ortodossia  marxista-leninista,  un  modello  di  integrità
ideologica,  la  più  estesa  applicazione  del  comunismo  reale,  il  patrono  del  genocida  Pol  Pot.  Questo
regime comunista, che infiammò guerriglie e miti d’ogni specie, ha assassinato il sogno di migliaia di
suoi giovani disarmati e non – violenti.
Non lo ha fatto per errore politico o per ictus omicida: l’assassinio di massa è soltanto il mezzo estremo
dell’ideologia: in un comunicato, il Comitato Centrale liquida quei giovani come «traditori e teppisti»
accusandoli di voler sterminare i 47 milioni di iscritti al Partito comunista cinese. Testuale.
Comunismo  assassino,  stalinista,  terrorizzato  dalle  riforme,  anzi  sicuro  che  la  riforma  rappresenti
l’eutanasia del Sistema, un lento progredire verso l’«anarchia» della libertà. Un regime coerente, che ha
fatto pubblicamente i «complimenti» ai reparti fucilatori.
I comunisti italiani parlano di orrore, rabbia, massacro; rivendicano i valori della democrazia e della
libertà. E allora, che cos’hanno mai da spartire con il «comunismo assassino»? Perché hanno ancora
timore  delle  parole?  Perché  sarebbe  una  «vergogna»  chiamare  i  carnefici  con  il  loro  nome?  Perché
fiutano «strumentalizzazioni» di bassa lega elettorale quando il mondo, non il cortile di casa, assiste
finalmente al pauroso crepuscolo degli Imperi totalitari?
Sull’ultimo numero di «Rinascita», la rivista fondata da Togliatti, un membro, della direzione del Pci,
Umberto Ranieri, ha scritto con onestà: «Dal Baltico all’estremo Sud del’Asia è in gioco l’esaurimento
di  una  esperienza  di  direzione  statale  qual  è  quella  che  si  è  fissata  nei  regimi  diretti  dai  partiti
comunisti».
Appunto.
giugno 1989