1989 giugno 27 Ma ora bisogna governare meglio

1989 giugno 27 – Ma ora bisogna governare meglio
Una lezione dal voto

Venezia e Mestre hanno detto ancora no alla proposta di separarle in due Comuni, ma in dieci anni
l’umore popolare è molto cambiato: i «no» diminuiscono dal 72 al 57 per cento, i «sì» aumentano dal
27 al 42. Segno che in questa specialissima area veneta, dove non a caso vige una Legge Speciale, le
cose vanno tutt’altro che bene.
«Ogni separazione – osserva la venezianissima del no Teresa Foscolo Foscari – è segno d’impotenza».
Come dire che la stessa richiesta di amministrare Venezia e Mestre ciascuna per proprio conto rendeva
plateale la lentezza, se non proprio l’incapacità, nell’affrontare problemi uno più urgente dell’altro. Un
crescente scetticismo nei confronti del ceto politico ha irrobustito sia l’astensionismo (ha votato il 74%)
sia il «sì» alla separazione.
Il sì ha trovato il leader nel senatore socialista Mario Rigo, ma ha registrato l’inatteso silenzio di Bruno
Visentini, animatore nel 1979 dell’istanza separatista del primo referendum. I comunisti hanno fatto
blocco sul no; la Dc si è divisa, preferendo sottolineare una scelta che aveva poco a che fare con la
disciplina di partito.
Un quadro molto variegato di posizioni anche personali e l’esito molto più equilibrato del secondo
referendum lasciano tra i separatisti il senso di un’occasione mancata e tra gli unionisti il peso di una
non lieve responsabilità. Il no alla separazione ha infatti puntato tutto su una sola alternativa: l’area
metropolitana. Una svolta istituzionale e uno strumento legislativo in grado di coordinare ciò che oggi
appare dissociato, e cioè il governo unitario della laguna, il destino cosmopolita della Venezia storica,
lo sviluppo di Mestre quale città del Veneto.
«Non è stato un espediente – assicura il comunista Pellicani – e non sarà un palliativo». Ma le
preoccupazioni sui tempi lunghissimi delle riforme istituzionali e territoriali sono più che legittime se
soltanto si guarda alla sempre più tenue e ridotta attività del Parlamento italiano. Tra un’elezione e
l’altra, gli spazi operativi si accorciano di legislatura in legislatura.
Il «sì» aumenta parecchio ma vince nettamente il «no». Anche se resta unito, il Comune capoluogo
della Regione Veneto non potrà prendere sottogamba questo referendum: le spinte centrifughe del voto
tengono più che mai in prima pagina una Venezia che rischia di diventare città artificiale ed extra-
veneta e una Mestre afflitta da troppe omissioni del Potere.
Perché l’integrazione vinca definitivamente sulla separazione, qualcosa d’importante dovrà accadere.
Sennò, tanto vale rassegnarsi fin d’ora al terzo referendum sulla soglia del Duemila.

giugno 1989