1989 gennaio 15 “Craxi su due fronti”

1989 gennaio 15 – “Craxi su due fronti”
Tanto rumore per nulla? No, la finta-crisi ha messo a nudo una fase nuova della vecchia instabilità.
Craxi e De Mita non sono due pugili suonati; il loro match è meno personale di quanto non appaia nel
cabaret della politica. La mascella da Forattini e l’accento da Biberon nascondono segni non altrettanto
divertenti. 1) Il Pci lo ha detto chiaro: «Non vogliamo mollare la presa quando si individua una grande
questione nazionale». Assalito da quello che Carlo De Benedetti ha chiamato «ottimismo operaista», il
partito comunista si è impadronito del caso-Fiat con una «ingerenza» che ha infastidito persino il
sindacato e che ha spiazzato i socialisti. Da anni, Craxi si è fatto bandiera della resistenza
all’espansione del potere «tutto in famiglia» degli Agnelli; non può piacergli che il Pci rigiochi
d’anticipo e pesante sul sindacato. 2) Alla caccia di «grandi questioni» per superare la crisi di identità,
il Pci ha puntato moltissimo su quello che Occhetto chiama lo «sdegno del Paese» per le iniquità
fiscali, a cominciare dal condono premia-evasori. 3) Dal fisco al caso-Fiat, il Psi ha rischiato per la
prima volta di andare al rimorchio a sinistra, dove «l’incomunicabilità» con il sindacato gioca a favore
del Pci e più contro Craxi che contro lo stesso governo. 4) Per quanto il craxismo apra ai ceti
emergenti, al mondo cattolico, all’Italia che cambia, incalzando al centro spazi laici e moderati, non
può permettersi il lusso di sbiadire in un riformismo fin troppo pragmatico il ruolo di partito della
sinistra. A costo di smentire senza alcun riguardo i suoi ministri, e alla faccia della collegiale unanimità
di governo, Craxi ha così utilizzato il «pasticcio» del fisco per ricuperare potere d’interdizione (nei
confronti di De Mita) e per riaffermare la leadership riformista (nei confronti di Occhetto). Tra un
congresso dc e uno scenario elettorale europeo, ciò che oggi sembra contare meno, in definitiva, è la
voglia di governare insieme questioni davvero drammatiche, dalla giustizia ai servizi dall’ambiente alla
scuola, dalla burocrazia alle pensioni e alla sanità dove ci sono settori come quello degli investimenti
ospedalieri – ci scrive il ministro Donat Cattin – «semiabbandonati da 12 anni». Tenga o no il governo,
la finta-crisi è già crisi vera se sfocerà nell’inesausto rito del «non decidere». Al compromesso come
arte nessuno crede più.
15 gennaio 1989