1988 gennaio 3 Quei tre satelliti di Craxi

1988 gennaio 03 – Quei tre satelliti di Craxi

Nel rivolgersi a Craxi, Marco Pannella ha scritto su Manifesto: «Il Pr offre formalmente la propria
scomparsa come forza partitica concorrente in quanto tale. E il Psi?»
Franco Nicolazzi ha così commentato la sua proposta di un congresso straordinario dei social-
democratici a primavera: è il momento di «reagire a una situazione che vede spaccato il Psi e anti-Psi.
Non dobbiamo andare al congresso per contarci ma per confrontarci».
Sulla quarta area politico – culturale da condividere semmai con i repubblicani, Renato Altissimo ha
spiegato: «Se il futuro del Paese è tripolare, cioè cattolici, socialisti e comunisti, il problema è di dove
collocare il polo liberaldemocratico».
Una risposta preventiva Craxi l’ha già data a tutti proponendo, contro la frantumazione dei partiti, il
loro sbarramento elettorale al 5 per cento. In pratica, un perentorio invito ad aggregare le forze minori.
Il 14 giugno scorso il Psdi ottenne il 3 per cento, il Pr il 2.6, il Pli il 2,1, contro il 3,7 del Pri.
Quella data segnò «il successo della proposta riformista e laica malgrado gli insuccessi elettorali (e non
politici) del Pli e del Psdi». Pannella ha perfettamente ragione a definirli «elettorali non politici», ma il
dramma di liberali e socialdemocratici sta proprio qui. Perdono consenso nonostante la proposta per la
semplicissima ragione che quella stessa proposta trova in Craxi il beneficio dei numeri non «dispersi»,
della guida univoca, del potere di iniziativa.
In pochi anni e in pochi mesi, Craxi ha saputo dire sì agli Euromissili, rompere a sinistra sulla scala
mobile, togliere il Msi dal ghetto, garantire il Vaticano sull’ora di religione, coprire di sano patriottismo
l’invio della flotta nel Golfo, mettere sotto accusa la magistratura o fermare il nucleare per l’effetto
verde. Ha tenuto tutti sulla difensiva. Ha sorpreso il centro, si è mosso a tuttocampo diventando
alternativo e insieme potenziale sbocco tanto della Dc quanto del Pci in marcia d’avvicinamento.
Con un alleato così ingombrante, è difficile mantenere i connotati all’interno di un’area laica sempre più
calamitata dal craxismo, che oggi fa contare più il leader del partito, più il movimento del programma.
Mentre l’ecumenismo di Pannella tende ad anticipare in politica il 1992, anno della totale apertura dei
mercati d’Europa, non bastano il bonario provincialismo di Nicolazzi o la disinvoltura manageriale di
Altissimo a eludere la crisi di autonomia. Né sono sufficienti i referendum o la tassa sulla salute a
rappresentare gli interessi di ceti sempre più disincantati.
Martelli lo ha detto chiaro e tondo a Nicolazzi: «Sono convinto che due partiti socialisti e democratici
non abbiano senso; bisogna procedere sulla strada dell’unificazione». E quando è stato chiesto a
Giorgio La Malfa se non creda che anche i liberali stiano rischiando un qualche assorbimento da parte
dei socialisti, la risposta è stata molto ma molto prudente: «Speriamo di no. Mi auguro invece che l’88
sia l’anno di una maggiore sintonia tra repubblicani e liberali».
Questo sarà forse un anno di riforme spontanee, oltre che istituzionali.
gennaio 1988