1988 gennaio 16 Riforma anno zero

1988 gennaio 16 – Riforma anno zero
Che la Sanità non scoppi di salute, anzi abbia una febbre da cavallo, è tanto notorio da assomigliare a
un luogo comune. La qualità dei medici non c’entra nulla, né la loro formazione: basta fornirli di
attrezzature e si allineano ovunque alle avanguardie internazionali, come dimostrato in questi giorni dal
via ai trapianti di cuore a Napoli. E a Bologna o Padova, tanto per citare due tradizioni che si
perpetuano, anche gli studenti stranieri trovano pozzi di scienza universitaria.
Malata grave e l’organizzazione della Sanità di Stato, che non a caso alleva con le proprie mani la
Sanità privata. Un sistema spontaneamente misto dove la seconda alimenta l’efficientismo e si fa
pagare, la prima moltiplica la burocrazia e la paga.
Prima delle elezioni, dei referendum e del match istituzionale – ma soprattutto prima di Celentano e del
Cacao Meravigliao – se ne parlò moltissimo, sembrava che la riforma di questo servizio essenziale
fosse questione di ore. Alzi la mano il politico che non fece una qualche proposta, a cominciare
dall’idea di affidare le Usl a veri e propri «manager», come li chiamava Degan.
Poi il silenzio, perché in questo Paese ci si stanca prima o poi di tutto, anche dei problemi. Un
consigliere dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma raccontò qualche anno fa a Giorgio Bocca: «Noi
mandiamo rapporti preoccupati, ma ci rispondono: non preoccupatevi, tanto quelli se la cavano». Il che,
pur abbastanza vero, sconsiglia dal prendere di petto le cose. Anzi, tende a renderle croniche, come
l’estenuante «dibattito»che le riguarda.
A denunciarlo non è l’ultimo di noi, ma il primo di loro: il ministro della Sanità. A usare le cifre della
questione è Carlo Donat Cattin al quale, nel bene e nel male, tutti hanno riconosciuto da sempre la virtù
di una pervicace schiettezza. Quando sottolinea che su ogni Usl pendono in media venti inchieste
giudiziarie per un totale di quindicimila; e quando afferma che con una migliore «amministrazione» si
potrebbero risparmiare nel bilancio dello Stato 10 mila miliardi, il ministro competente in materia non
esprime opinioni in libertà. Legge il testamento della Sanità così com’è e sottintende che da anni
incalzano riforme più urgenti delle riforme istituzionali.
Dove sta la coerenza tra decretoni che rastrellano miliardi alla cieca e sperpero pubblico? Non sta.

gennaio 1988