1988 aprile 22 L’ultima, decisiva risposta

regole,

fermare

la strategia «demitiana»,

la «riformulazione» delle

1988 apr 22 – L’ultima decisiva risposta

Ritornano le rivendicazioni, nel vetero-linguaggio di brigatisti ignari della storia. Non li sfiora la
sconfitta politica, questa si è già passata in giudicato; non li riguarda l’inutile omicidio di massa:
centinaia di morti ammazzati non hanno ostacolato né favorito alcun «progetto», ma loro non lo sanno.
L’astrazione della realtà è il loro mestiere preferito.
«Giustiziano» per
la
«rifunzionalizzazione» dei poteri. Odiano la Dc, detestano la demagogia di «stile craxiano», non
risparmiano le «opposizioni», anzi è proprio la «mediazione» che li spinge alla lotta armata. Ieri e oggi,
unico bersaglio delle Brigate Rosse resta la democrazia, in particolare quando prova a consolidarsi
attraverso le riforme.
Questi volantini di sangue sono meno deliranti di quanto sembra a prima vista: non per nulla Andreotti
suggerisce di prestare attenzione a possibili ispiratori provenienti dal mondo dell’università mentre
Craxi riparla di un «Grande Vecchio» quale mente unificante dei terroristi. Su almeno una cosa le Br
ragionano infatti con grande lucidità: si rendono cioè conto che la democrazia italiana è alla vigilia di
una grande occasione; e che se saprà coglierla – irrobustendo le istituzioni e riabilitando la politica –
non correrà più alcun pericolo. Chi vaneggia per la rivoluzione, investe tutto sul malessere dello Stato,
sulla sfiducia, sul qualunquismo, sull’incompiutezza dei progetti di governo.
I messaggi delle Brigate Rosse vanno presi sul serio, anche politicamente: dal terribile nichilismo
dell’assassinio non possono derivare equivoci o ambiguità. Saremmo tutti un po’ complici o
moralmente fiancheggiatori se sottovalutassimo ancora una volta la persistenza della sfida, se
barattassimo la sicurezza con la tentazione di esorcizzare un’emergenza mai conclusa, se non
riuscissimo a dare fino in fondo impulso alla crescita della democrazia, quella che gli stessi brigatisti
chiamano una fase «costituente» della politica italiana.
Il nuovo Governo nasce sotto il segno di una grande responsabilità perché può dare l’ultima, decisiva
risposta a un fenomeno che ha straziato la vita civile e per le cui vittime lo Stato ha fatto ancora poco,
pochissimo. Non a caso i feriti in attentati chiedono ancora oggi di essere equiparati alle vittime civili
di guerra e nulla è mai stato riconosciuto a chi ha patito un’invalidità personale inferiore all’80%.
aprile 1988