1988 agosto 31 – La tragedia deve servire
Le cose più giuste le hanno dette tre donne, le vedove dei piloti andati in pezzi a Ramstein.
«Gli è capitato qualcosa che non sapremo mai», ha osservato la moglie del solista. La dose del mistero
che sempre accompagna l’uomo quando le sue sfide toccano il diapason, l’errore al limite di sé.
Ha aggiunto la vedova del capo formazione: «Avevo partecipato a troppi funerali di colleghi di mio
marito per non sapere che sarebbe potuto capitare anche a lui». La coscienza del rischio, un’idea quasi
professionale della morte possibile.
«Avrebbe voluto essere ricordato come un buon pilota, non come un eroe», ha concluso la moglie del
gregario della pattuglia. Il rifiuto della retorica da Luciano Serra pilota, a beneficio dell’uomo in carne
e ossa destinato a un lavoro di paure calcolate.
Con il loro equilibrio, queste tre donne importanti mitigano il deprimente spettacolo che stiamo dando
in Italia mentre decine e decine di vittime vengono sepolte in Germania. Persino la pietà sembra
renderci faziosi, sempre pronti come siamo a sentenziare piuttosto che a capire e a prevenire.
Così, per sostenere le ragioni della sicurezza degli spettatori, non si trova di meglio che azzerare di
colpo anche un patrimonio di bravura e di sperimentazione. Così, per mitizzare la temerarietà
nazionale, si arriva a sottovalutare senza tanti traguardi il pericolo per il pubblico.
Criminalizzazione o patriottismo, siamo ogni volta fuori misura. Molto di più di quel povero grande
pilota che domenica si è trovato, apparentemente senza ragione, al posto sbagliato al momento
sbagliato.
Lo hanno detto le loro donne: oggi Udine, il Friuli, noi tutti, accompagniamo tre uomini non tre eroi,
tre esploratori del rischio non tre Enrico Toti. La tragedia che li ha portati via assieme a tanta gente non
può andare dispersa in rancori o salmi: a qualcosa dovrà servire, ripensando a fondo spazi, figure,
precauzioni, distanze tra chi vola e chi guarda.
La morte può aiutare la vita.

agosto 1988