1987 luglio 17 Ma siamo tutti “verdi”?

1987 luglio 17 – Ma siamo tutti «verdi»?

«È urgente diffondere la coscienza del rispetto per le risorse del nostro pianeta. Tutti ne sono coinvolti
perché la terra che abitiamo rivela sempre più chiaramente la sua unitarietà». L’unitarietà di Chernobyl.
“Ciò va affermato ancora di più oggi, mentre ci accorgiamo di quanto sia urgente realizzare una decisiva
inversione di tendenza in tutti quei comportamenti che portano a preoccupanti forme di inquinamento”.
Sono parole pronunciate dal Papa tra i boschi della Val Visdende. Il giorno dopo, all’assemblea della
Federchimica – uno dei settori più critici della difesa ambientale – il presidente della Confindustria
Lucchini ha chiesto una legge completa per l’ecologia e lanciato la proposta di «detassare gli utili delle
imprese destinati alla tutela dell’ambiente». Nel nome del Signore o del dio sviluppo, un Papa ecologista
e un Lucchini verde? Non sono importanti le semplificazioni, ma i gesti contano molto, soprattutto
quando convergono partendo da filosofie del tutto diverse. Il fatto è che sta succedendo qualcosa di nuovo
in tutto il mondo: e cioè ci si sta rendendo tutti conto che lo sviluppo ha bisogno di limiti e di garanzie;
il suo automatismo può rivoltarsi contro l’uomo; che in definitiva non riesce con la sola scienza a smaltire
la sua involuzione. Quando anche le industrie consociate nella «Assoplast» pubblicano a pagamento
comunicati nei quali «s’impegnano a promuovere nel paese azioni volte al riciclo e al corretto
smaltimento delle materie plastiche», non ha più molto senso domandarsi se l’ecologia sia di destra o di
sinistra, se i verdi siano come cocomeri che maturando diventano rossi. Uno dei più comuni errori è di
confondere la sensibilità della gente con i movimenti, etichettando ogni istanza di una società che si
frammenta esattamente perché trova difficile identificarsi. Allora risulta molto più utile dare corpo alla
«coscienza del rispetto», come l’ha chiamata il Papa, e mettere insieme un progetto che salvi l’aria,
l’acqua, il suolo dalla logica della tabula rasa. Se agli occhi di un Papa, l’«inquinamento» può apparire
peccato mortale di lesa Creazione, non può sfuggire oramai neppure al più incallito sostenitore dello
sviluppo spontaneo che non si potrà tutta la vita vagare per gli oceani cercando di sbarcare
clandestinamente i veleni: quei carichi scacciati dai porti del Venezuela sono il drammatico simbolo del
punto di non ritorno; il momento in cui l’«unitarietà del pianeta Terra» non viene utilizzata per il bene
comune ma sublimata in nome dell’egoismo. E poi c’è gente che si stupisce ancora del successo dei verdi
e del fatto che i giovani, cioè il futuro, amino l’ambiente più dei padri.

17 luglio 1987