1987 giugno 21 La ragione laica

1987 giugno 21 – La ragione laica
Ancora poco chiare le prospettive per il nuovo Governo
Craxi: stabilità ma non è facile
Il pentapartito ha preso il 57,4 del voto popolare e in Parlamento dispone di una maggioranza tanto
chiara che, a rigor di numeri, Dc e Psi ce la farebbero anche da soli. Il pentapartito può governare più
stabilmente che quattro anni fa, nonostante il voto segreto a disposizione dei franchi tiratori. Razza
quest’ultima dalla quale nessuno può dichiararsi a priori immune dato che correnti e coltellate alla
schiena si sprecano anche nei partiti d’opinione.
«Non è un problema di etichette, – ha giustamente detto Nicolazzi – il nocciolo resta l’accordo su un
programma sulle cose da fare». Mese più mese meno, a decidere saranno la «disponibilità» di Forlani e
la «riflessione» di Craxi, ma nemmeno i tre partiti laici hanno il diritto di fare da spettatori,
restandosene in panchina.
Non ce l’hanno per un motivo molto semplice: pochi o tanti, i voti che hanno ricevuto rappresentano
pur sempre l’8,8 e sono stati richiesti in nome della «ragione». Con accenti più o meno marcati, i laici
si sono estraniati il più possibile dalla rissa, hanno raccomandato di pensare alle alleanze del domani, si
sono qualificati attraverso la mediazione o l’equidistanza, e oggi affrontano il momento meno comodo:
quello della coerenza a dispetto del risultato elettorale negativo.
I laici hanno avuto un compito fondamentale, soprattutto quando erano i soli a rappresentare l’Italia che
non si riconosceva nelle sue «chiese», democristiana e comunista. Ha ragione De Mita quando osserva
che il cosiddetto «polo laico» non esiste quale schieramento, ma i laici hanno sempre avuto un ruolo
vitale come «partiti della democrazia» contribuendo a portare la sinistra verso il centro, come richiede
Spadolini, e non il centro verso sinistra, come immaginava De Gasperi.
Basti pensare alla funzione che ebbe la scelta socialdemocratica di Saragat quando il socialismo non
era che il vassallo frontista del Pci. Se Craxi punta sulla grande opzione riformista e se la sconfitta del
14 giugno spinge i comunisti a guardare al Psi con occhio meno settario, la cronaca di oggi deve
qualcosa alla storia di ieri, cioè alla sopravvivenza di una frazione socialdemocratica al centro, fuori di
tutte le suggestioni della sinistra allora egemone.
I laici hanno perso le elezioni, non la tradizione né tantomeno la faccia. Si può perdere in percentuale,
mantenendo intatta la reputazione politica, a patto di non cedere alle frustrazioni di partito. Fare i
sostenuti oggi sarebbe sbagliato nei confronti del Paese; un errore che provocherebbe molto
probabilmente ulteriori marginalità e altre delusioni.
Più che mai, quando la ripresa dei rapporti diplomatici tra Craxi e De Mita si fa tanto necessaria quanto
ostica, i laici hanno l’occasione per dare dinamismo al ricupero di una coalizione frantumata dal potere,
dal referendum, dai protagonismi. E mentre i Cicciolini del Bel Paese degradano la dignità del
consenso popolare e del Parlamento a rito falloforico, più che mai c’è spazio per chi – senza premi
elettorali – avrà la pazienza tutta laica di ricominciare daccapo.
Se occorre, sacrificando anche il partito al buongoverno.
giugno 1987