1987 febbraio 12 Il nuovo sport nazionale

1987 febbraio 12 – Il nuovo sport nazionale
Il 14 ottobre del 1980 è una data storica per il mondo del lavoro: a Torino «la marcia dei quarantamila»
tra capi officina, dirigenti, impiegati, operai, soprattutto quadri – né operai né servi dei padroni come
diceva il loro slogan – non soltanto sbloccò una drammatica vertenza alla Fiat ma isolò la violenza,
frantumò la demagogia del vecchio sindacato, rivendicò il diritto al merito, alla professionalità, alla
laboriosità. La sinistra sindacale definì quella marcia parafascista; qualcuno parlò di «sindacato giallo»,
i comunisti, Lama, cominciarono a «interrogarsi». Accade sempre così. Probabilmente per il fatale
ricordo del ‘22, ogni volta che gli italiani marciano spiazzando partiti & sindacati, la reazione
istituzionale è scomposta: si va dal sospetto all’incomprensione alla condanna secondo liturgia. In
genere, le accuse sono di qualunquismo, di corporativismo, di attacco allo Stato come avvenne per la
marcia contro il fisco. Nessuno che si chieda perché, che analizzi da dove arriva il nuovo sport
nazionale, che si preoccupi di dare risposte invece di affibbiare etichette. La verità è che in questo
Paese il grande sviluppo economico si accompagna a tali ritardi sociali da ottenere un altro record del
mondo: nello stesso giorno la marcia su Roma dei sindaci e dei medici! Vale a dire degli
amministratori della prima cellula vitale della democrazia e di una categoria professionale cui è legata
la qualità di un servizio assolutamente primario quale la salute dei cittadini. Da anni si denuncia lo
Stato accentratore, da anni si fatica a chiudere i bilanci negli enti locali, da anni si chiede
l’ammodernamento partendo dal presupposto che alle soglie del Duemila il comune di Milano, Verona
o Udine non debba essere amministrato con le stesse norme di quello di Portobuffolè. Se tutti sono
riformisti ma le riforme stagnano nel ventre molle della mediazione politica, ai sindaci non rimane che
marciare, da peones delle istituzioni. Il contratto dei medici è scaduto da due anni; impegni di governo
sono rimasti sulla carta; le Usl sono unanimemente da azzerare mentre i soldi in ballo cambiano ogni
giorno e di ministro in ministro. I medici marciano perché lo Stato istiga con le inadeguatezze il «fai da
te» dei gruppi. Lo spettacolo è umiliante. Ma chi bolla le marce e teme i referendum crede di far pulizia
nascondendo la polvere sotto il tappeto.
12 febbraio 1987