1987 dicembre 11 Mai uno cosi sincero. Arpino

1987 dicembre 11 – Mai uno così sincero
Alto, due spalle così, un capellaccio nero, la sigaretta alla Clark Gable. Andava allo stadio come si
andava al Colosseo, sapendo che dentro ci stavano storie più che geometrie, pressioni alte, umori, sputi
e gomitate. «Sono un cacciatore di uomini», confessava. Giovanni Arpino ha sempre pensato a
qualcuno, mai a qualcosa. Era un silo di energia. Anche minacciosa. Non sopportava Gianni Brera:
«Per quel che mi riguarda – ghignava – Brera è soltanto una piccola via di Milano». Lo accusava di
stalinismo critico; se lo nominava era soltanto per brandire il pugno nell’aria, «a quello lì io gli faccio
ingoiare la dentiera». Non ho mai conosciuto una persona più sincera. Era ciò che scriveva; e ciò che
scriveva era tutto ciò che pensava. Con Gianfranco Giubilo ci divertivamo perché le battute e gli
oltraggi masticati a tavola, Arpino li serviva il giorno dopo ancora caldi in pagina o dentro un
microfono della Rai. Non conosceva la finzione o la metafora, pompava sempre sangue nei suoi
personaggi. L’«abbraccio della vita», scrisse, può essere anche infame, anche funesto, ma è sempre
splendido. Di Arpino ricordo sopratutto le risate. Gli scoppiavano nei polmoni, ed erano così piene
perché sfuggivano al suo nebbioso spleen. Soltanto chi frequenta la malinconia sa ridere senza
ipocrisia. La sua frase era una betulla non un baobab; spogliava le parole, nemmeno con quelle se la
sentiva di bluffare. Gli piacevano i paradossi, perché li considerava i grimaldelli della verità. Per tante
città abbiamo passeggiato, bevuto, cercato buone tovaglie, lavorato con l’accetta e con il cuore ai bordi
di un campo di football. Non mi sono mai accorto che portasse la feluca dello scrittore, quel mare
d’erba gli dava più di quanto non gli prendesse. Aveva coniato il termine «tremendista», e il professore
di un suo romanzo diceva «Voglio andarmene da uomo, non da larva». Se n’è andato con una fretta
tremendista, da uomo. Spero che abbia sferrato uno dei suoi pugni alla morte, e che ci abbia riso sopra.
dicembre 1987