1987 aprile 11 Missione con poche illusioni

1987 aprile 11 – Missione con poche illusioni

Crisi ultimo atto, senza illusioni di Cossiga, di Scalfaro e di noi tutti. Sosteneva un grande filosofo
tedesco che, per essere creduti, bisogna pronunciare giudizi con freddezza, senza passione: il dramma
di questa crisi è di aver dato fondo ad ogni eccitazione politica, mettendo in minoranza soprattutto la
ragione.
A questo punto si possono dire poche cose, ma sicure. Il rifiuto di Fanfani all’invito del Capo dello
Stato dimostra ai massimi livelli istituzionali che la formazione di un nuovo governo viene considerata
un’impresa quasi impossibile. L’incarico a Scalfaro rappresenta l’estremo tentativo, in coerenza con la
funzione del Presidente della Repubblica: non può fargli piacere sciogliere in anticipo il Parlamento,
come già accaduto ben quattro volte in soli quindici anni.
La lunghezza della crisi e i referendum previsti fra soli due mesi rendono necessariamente concitato il
tentativo di Scalfaro. Nell’aut aut tra referendum e/o elezioni manca quasi il tempo materiale, di mera
prassi costituzionale, per giungere senza ulteriori lacerazioni e colpi di mano ad una scelta. È realistico
il timore dell’ostruzionismo in aula mentre nessuno può escludere che, veto dietro veto, finisca con il
rimanere in carica per le elezioni anticipate lo stesso governo Craxi, i cui ministri – dc compresi – sono
sempre al loro posto per gli «affari correnti».
Scalfaro ha fatto ricorso a termini come «obiettività», «pacificazione», «chiarezza», «rasserenamento»,
cioè l’esatto contrario della rissa di queste settimane tra Dc e Psi. Lancerà l’ultimo Sos al pentapartito
ma sa benissimo di non potercela fare se qualcuno non abbandonerà il cannone. E può contare soltanto
sulla sincerità degli avversari: «La nostra soddisfazione per la fine del pentapartito è grande» ha
affermato Occhetto che proprio oggi mobiliterà a Mestre i comunisti del Veneto.
Fare congetture e ipotesi equivale, su questo sfondo, a giocare a mosca cieca. Aldilà dei personalismi di
segreteria, dei «sassolini» e dei «macigni» di partito, sconcerta l’incapacità generale a vivere e gestire la
trasformazione in atto, con comunisti più socialisti, socialisti più liberali e democristiani più laici.
Incredibile ma vero, sembra in questi giorni di camminare contro la storia, attraverso una ritrovata
libido a fronteggiarsi senza badare ai costi e alle ineluttabili collaborazioni di domani.
aprile 1987