1984 Maggio 21 Un’alleluja irripetibile

1984 Maggio 21 – Un’alleluia irripetibile

“C’era una vola in America” del regista Sergio Leone, è stato definito al festival cinematografico di Cannes,
“un capolavoro del filone nostalgia”. E’ un genere che va moltissimo da quando il presente passa tanto in
fretta e il futuro mette tante ansie da rendere riposante soltanto il passato, persino nei suoi rimorsi.
L’importante è che sia un ricordo ,un dente reso insensibile, l’avventura del conosciuto, la curiosità delle
cose sicure.
Anche noi siamo qui a Zurigo per una nostalgia, che dura dall’11 luglio del 1982, quando a Madrid Enzo
Bearzot fece il Re Mida del calcio italiano: toccò un pallone di cuoio e lo trasformò in una coppa d’oro
massiccio .Fu quella l’unica notte in cui il marco tedesco venne svalutato rispetto alla lira.
Per festeggiare gli ottant’anni della federazione mondiale del football, hanno organizzato Italia-Germania di
stasera presentandola come rivincita. Invece, può essere tutto, anche una grandissima partita, fuorchè la
rivincita. Soltanto tra gli italiani mancano sei titolari di allora, e manca soprattutto l’atmosfera. Tutto può
essere ricordato, niente può rivivere, è la legga della vita.
Non dimenticherò l’attimo in cui l’arbitro brasiliano, con quell’aria di Grande Gatsby degnatosi tra sudori
plebei, abbrancò il pallone e lo sollevò in alto, decretando la conclusione del Mundial. Nello stadio non
c’era nulla di fermo tranne l’aria, afosa, ineffabile, estranea. Rimasi un attimo senza decidere che fare, se
scrivere o dettare a braccio. Afferrai il telefono e lo lasciai due ore dopo raccontando tutto quanto avevo
visto, ascoltato e sentito. Anch’io trasmisi ai lettori il mio piccolo record mondiale di righe.
Quando rientrai dalla Spagna a casa, Francesco e Paolo mi ricordarono per giorni e giorni le feste, le veglie, i
cori, gli hurrà, la inimmaginabile baldoria che il Mundial aveva dato loro. Attraverso i miei bambini conobbi
in Italia il secondo mondiale, quello dei trentasette milioni di telespettatori che, attraverso la Nazionale,
avevano inaspettatamente scoperto come-nonostante tutto- essere italiani non sia poi la disgrazia che a
volte si è tentati di far credere a noi stessi. Il Mundial era stato un Made in Italy all’ennesima potenza
emozionale, dalla quale si sentiva infastidito soltanto qualche raro scettico blu, troppo pedante per
analizzare senza preconcetti la società dello spettacolo, il bisogno che la formula ha di darsi simboli leggibili
senza traduzione a lato.
No, l’alleluia del 1982 è irripetibile, un’allegria depositata per sempre in una imprecisata cassetta di
sicurezza, un momento di pausa nel trambusto quotidiano e , in termini più specifici una perfetta
realizzazione psicofisica di lavoro di gruppo. La sua popolarità non fu un’esagerazione, bensì un’urgenza
dell’inconscio collettivo.
Gli intellettuali parlarono allora di neopatriottismo anche se Paolo Rossi, Tardelli e Altobelli erano convinti
di aver eretto dei gol non dei monumenti. Il calcio è un passe-partout.