1984 Maggio 14 Una Juve sicura

1984 Maggio 14 – Una Juve sicura, non quella di Atene

Dopo l’operazione varata l’altro ieri dalla Fiat, sarebbe veramente un grossissimo sgarbo se il “ ramo
football” del Gruppo, cioè la Juve, non riuscisse stasera a impossessarsi della Coppa delle Coppe 1984.
Gianni Agnelli ha annunciato il più cospicuo aumento di capitale della nostra storia finanziaria e ha rivelato
le cifre della buona salute della prima Azienda d’Italia: alla Juve non rimane che aggiungere il suo obolo
europeo agli utili di esercizio. Per essere perfetta, la “ vasta gamma” di Mirafiori prevede anche il
ventunesimo scudetto e la Coppa.
La potenza di immagine e di mezzi della Juve è eccezionale, come si ricava da un piccolo, grande segreto
confessato da Giovanni Trapattoni, il tecnico lombardo che ha assorbito meglio di un piemontese
l’indefinibile atteggiamento chiamato “stile Juve”, il tacito galateo dei razza padrona. Rivendicando
autonomia presso il suo magnifico Signore, il Trap ha raccontato: “se fosse vero che la Juve è tutta decisa
dall’Avvocato, avrei già in squadra sia Socrates che Collovati”
Agnelli regna, non sempre governa. Ma certo è un bel vivere su una panchina come quella della Juve, dove
l’allenatore può prendersi il gusto di dire no, grazie Avvocato per il pensierino, Socrates e Collovati non mi
interessano, sono già servito e meglio. Soltanto a Michel Platini nemmeno Trapattoni potè onestamente
dire di no, ma quello era un “cadeau” talmente personale che proprio non si poteva rifiutare. Per
educazione.
La Juve è forte , potente, rappresenta anche un’azienda e un personaggio; non è colpa di nessuno se
azienda e personaggio hanno un prestigio per lo meno insolito nel calcio, palcoscenico frequentato da guitti
d’ogni taglia per i quali, come mi disse un giorno un Bearzot molto in forma, spesso si scrive “manager” e si
pronuncia “magnager”.
La Juve è la prima della classe e sa di esserlo, con la virtù rara di non abituarsi mai a vincere. Il potere logora
chi non ce l’ha e la Juve ce l’ha. Quando dicono che non è mai morta, sembra che ne celebrino l’umiltà; in
realtà si autoconsidera immortale, avverte un rassicurante complesso di superiorità.
Il suo tallone debole lo mostra non in campo internazionale, visto che il Mundial 1982 di Bearzot è mezzo
suo. Piuttosto, ha un fatto allergico con la Coppa Campioni, persa così maldestramente l’anno scorso ad
Atene contro l’Amburgo, che c’è chi teme parecchio anche stasera contro i Porto-ghesi.
Dopo quella feroce delusione, a Basilea può accadere di tutto, anche che la Juve-…vinca!
Il Porto è tutta un’altra storia rispetto all’Amburgo. Non perché la Coppa delle Coppe sia un surrogato per
quanto lussuoso della Coppa dei Campioni, ma perché se ad Atene fu una finale atletica che la Juve perse
anche tatticamente, questa di Basilea sarà una finale tattica da vincere anche atleticamente.
La Juve è la Juve, gioco a folate e pause, marcatura e rinculo, classe e rapidità. Il Porto è un po’ la Roma,
bravissimo nel controllare l’azione, e nel rallentarla, nel raggrumarsi e ferire in contropiede, sfruttando
soprattutto lo scatto di Gomes, il goleador, una scarpa d’oro per la scarpa da roccia di Brio, il megastopper.
Qui l’aria del Reno è più tiepida che da noi; il pubblico sarà in stragrande maggioranza italiano. Quando si
arriva all’aeroporto di Basilea, le uscite sono due, una a destra immette in Svizzera, l’altra a sinistra in
Francia, da città di confine. Al ritorno sarebbe piacevole che la Coppa delle Coppe prendesse l’uscio buono,
quello della Juve. Anche perché, se Trapattoni s’incavola,chissà chi è capace di rifiutare la prossima volta
all’Avvocato. Magari Maradona o Zico.