1982 luglio 6 Italia Italia Italia!

1982 luglio 6 – Italia, Italia, Italia!!!
Un fantastico tris di Paolo Rossi

Barcellona, 5 luglio 1982:
È nato un nuovo genere musicale: il samba italiano! L’Italia è andata in vantaggio due
volte; il Brasile l’ha riagguantata due volte. Quando Paolo Rossi ha rasoiato dentro il
3-2, nemmeno il Brasile ha saputo più farcela. Un quarto d’ora non gli è bastato per
pareggiare la terza volta.
Questa partita lascerà molti ricordi, non ha mai avuto un attimo di pausa. I giocatori
hanno spremuto il massimo di sé, in condizioni climatiche che avrebbero dovuto
favorire i brasiliani, non noi. Quattro anni fa in Argentina era stato il clima fresco ad
aiutarci; qui in Spagna la Nazionale ha saputo adattarsi tanto al clima frizzante di
Vigo che alle roventi temperature di Barcellona.
È stata l’Italia a determinare la partita, non il Brasile! Ci è riuscita segnando con Paolo
Rossi dopo 5 minuti appena. Il Brasile che pensava di amministrare partita e fatica, si
è trovato prestissimo nella condizione di sentirsi inquieto, non più sicuro di nulla..
Il fatto è che tra Italia e Brasile correva fin dall’inizio una differenza anche di
atteggiamento.
Quando il Brasile gioca, punta sempre alla finale: è predestinato ad essere tra i
favoriti; quindi abituato a pensare al domani, alle successive partite, a preziosi
risparmi di energie. Tutto il contrario dell’Italia! Siamo il Paese più pessimista del
mondo, ragion per cui Camerun o Brasile non fa differenza: per noi può essere sempre
l’ultima partita, l’ultimo turno. Si gioca senza pensare al domani, ben dentro
l’immediato presente.
Il puntualissimo gol di Rossi (aveva segnato di testa anche al suo ritorno in
campionato a Udine) è stata una bomba psicologica scagliata in mezzo al campo. La
rinascita di Pablito era l’atto di morte dell’Italia senza gol!
Quante volte avevamo rimpianto Rossi? Quante volte avevamo sperato nel Rossi del
ricordo argentino? Quante volte avevamo temuto che il gol non sarebbe arrivato mai
senza il vero Rossi? L’1-0 e quel suo movimento in area già accennato contro
l’Argentina, davano alla squadra una sensazione rivoluzionaria e piacevolissima: la
sensazione di aver ritrovato il risolutore.
Avendo Rossi, non occorreva più sganciare con le bave alla bocca i vari Cabrini e
Tardelli di sempre: dopo una manciata di minuti, l’Italia riscopriva finalmente di avere
il suo goleador quando in molti, me compreso, ritenevamo ancora in corso il suo
lungo, patetico, ammirevole rodaggio.
Una bomba psicologica e qualcos’altro di importante. La presunzione sempre latente
nel pianeta Brasile. Era questo il loro handicap più grosso, dal quale, a dire il vero,
sembravano guariti dopo i brutti rischi corsi con l’URSS e perfino con gli argentini.
Una presunzione evidentemente non del tutto guarita.
Senza forzare, puntando su manovra e smarcamento e palleggio, il Brasile era riuscito
a pareggiare 1-1 con Socrates già all’11’. Qui i brasiliani devono aver pensato che il
gol di Rossi doveva considerarsi un incidente di percorso, non un avvertimento da
prendere molto seriamente.
Non hanno così organizzato nessuna precauzione. Se non avevano marcato Maradona,
perché mai controllare Paolo Rossi per un golletto di straforo, per di più pareggiato in
fretta?
Deboli in psicologia, non hanno capito che il gol aveva tolto di dosso a Rossi mesi di
ossido permettendogli finalmente di respirare con gioia, a pieni polmoni. Un’altra

squadra avrebbe obbligato Oscar e Luisinho a maggiori attenzioni, anche perché il
pareggio valeva la semifinale. Il Brasile no, non è nel cervello dei campeones.
Si sono addirittura permessi il lusso di scambiarsi passaggi laterali a ridosso della
propria area, in disimpegno corto, dimenticando che gli italiani sono specialisti in
contropiede, che non sono dei polli e che, anzi, risolvono molte situazioni di
inferiorità apparente con furbate o colpi di genio.
Leandro ha servito Tonino Cerezo, entrambi convinti che soltanto il palleggio dia
sicurezza nel calcio. Zac! Paolo Rossi di Prato, faccetta da prima comunione e due
gambe da bruciare chiunque sullo scatto, ha capito tutto in una frazione di secondo, ha
strappato via il pallone, se ne è andato verso il secondo gol, sparato dritto come un
centravanti di quelli che s’usava una volta, un Nordhal o Altafini, giù e botta dura dal
limite dell’area, senza remissione. Prima un gol di velluto, poi un gol rapinoso.
A quel punto, era il 25′, si è visto un Brasile nervoso, non molto padrone di sé. Che
non voleva credere alla sconfitta, ma che cominciava a nutrire dubbi sempre più seri.
Soprattutto perché aveva contro un’Italia disinvolta, raggrumata a centrocampo,
capace di realizzare quanto predica da anni Bearzot: un gioco d’iniziativa almeno
parziale. E un catenaccio, che se tale deve essere, almeno cominci fuori area,
all’aperto, non dentro l’area, a due passi dal portiere.
Era un’Italia orgogliosa e cocciuta che rendeva ancora una volta risibili le critiche di
chi imputava a Bearzot totale incapacità, soprattutto nel modellare la condizione
psico-fisica dei giocatori che gli passa il convento italiano. Si era perfino ironizzato
sul prof. Vecchiet, cardiologo, per dire che nemmeno sul piano medico la Nazionale
aveva lo specialista giusto. La tenuta della squadra, già durante l’intervallo, era invece
ampiamente positiva. In quel momento l’Italia era qualificata; nello spogliatoio
cominciava per il Brasile un difficile conteggio alla rovescia.
Avesse l’arbitro fatto per intero il suo dovere, la partita si sarebbe conclusa quando
non era ancora passata l’ora: Luisinho aveva commesso rigore, una spallata su Rossi
in piena area.
Visto però come sono andate le cose… meglio così! Non ha sempre detto Bearzot che
il poco o tanto che chiede, lo vuole senza favori? Ebbene, stavolta l’ha addirittura
ottenuto nonostante una svista arbitrale.
Mentre scoccava quasi giusta l’ora di partita, Graziani ha lanciato un bellissimo
diagonale, mettendo a disposizione di Rossi un ottimo destro-gol. Pablito stavolta l’ha
sbagliato ma, siamo onesti, può un attaccante, per quanto resuscitato, mettere dentro
tutte le palle-gol? Risposta seria è no. Persino Dio si riposò il settimo giorno.
Il Brasile ha ripreso corda proprio da questi due errori, dell’arbitro e di Rossi. Squadra
di grandiose riserve di classe, molto più forte dell’Argentina, il Brasile non è scaduto
né a colpi bassi né a isteria. Covava un misto di muta preoccupazione e di fiducia
nella sua molleggiata manovra.
L’Italia non aveva intanto più in area lo scassato Collovati, perdeva qualche colpo in
Tardelli e Antognoni per mera stanchezza, serrava sempre più le fila a ridosso di un
impeccabile Zoff.
Il Brasile fiutava il momento buono e lo coglieva. Non a caso con il suo giocatore più
pieno, Falcao, in fondo anche lui un calciatore “italiano”, che, se non il talento, reca
con sé la grinta del nostro campionato.
Lanciato da Cerezo, Falcao ha dipinto un quadro. Una doppia finta sul tronco, una
doppia pennellata, uno sguardo a Zoff, assetto, puntamento, mira, tiro, tutto in una
coordinatissima frazione di secondo. Due a due, una mazzata per l’Italia, che in quel
preciso momento era in credito, non in debito, con la buona sorte.

Forse il gol di Falcao ha avuto il torto di essere troppo bello. Il troppo eccita, fa
perdere misura, mette la puzza al naso. Difendendo il 2-2, a quel punto il Brasile
avrebbe probabilmente ottenuto la semifinale. Ma il Brasile ha voluto incredibilmente
vincere; immagato dal gol di Falcao, ha snobbato il pareggio credendo a un’Italia
rassegnata, incapace di compiere lo storico miracolo di andare tre volte in vantaggio.
Il Brasile ha corso altri rischi e ha perciò sofferto l’eliminazione su corner, sbagliando
un rinvio di testa con due tra i suoi più alti giocatori e prendendo ancora una volta
sotto gamba Paolo Rossi solo in area. Era la fine di un favorito e di un mito lanciato
nei giorni scorsi a vincere per la quarta volta un Mundial. Per un fuorigioco di
centimetri, Antognoni si vedeva annullare persino il 4-2. Il Brasile si è arreso. Ha
vinto l’Italia, ha vinto anche Bearzot con marcature ancora una volta tutte sue, come
Gentile su Zico, Oriali terzino su Eder e Cabrini mediano sinistro. Come stratega il Ct
ha ampiamente meritato. Peccato che la semifinale con la Polonia non trovi
all’appuntamento né Boniek né Gentile, entrambi squalificati, e che proponga notevoli
problemi di recupero per Collovati e soprattutto Tardelli. Ha ragione il “soldato”
Bearzot: quando vince, le sue sono sempre battaglie.