1982 luglio 11 Azzurri, stasera il mondo tra i vostri piedi

1982 luglio 11 – AZZURRI, stasera il mondo tra i vostri piedi
Italia – Germania: chi vince fa 3! E se si perde non è un dramma
Ci attendono altri 90 minuti (se basteranno) di sofferenza alla Tv con le dita incrociate

Dall’inviato
MADRID – Meglio la Germania della Francia! Meglio la finalissima contro
Rummenigge che contro Platini. Con tutto il rispetto per i bravissimi francesi, Italia –
Germania farà crescere questa sera il prestigio un po’ compromesso del Mundial
1982.
Mi spiego. La Francia è una squadra che sta giocando molto bene, ma è soltanto una
squadra. Non ha mai vinto nulla, né a livello mondiale né europeo; appartiene a un
calcio che conobbe un grave periodo di eclissi; è arrivata in Spagna come un outsider.
La finale tutta latina, tra Francia e Italia, avrebbe svilito a tal punto i pronostici da
sembrare occasionale, frutto degli astri, un accoppiamento senza autentico futuro.

Con la Germania finale «nobile»

La Germania nobilita la finale. É il campione d’Europa in carica; ha una tradizione di
risultati; assieme al Brasile era la favorita del Mundial. Italia – Germania ripristina un
minimo di logica; lascia agli italiani il compito di rappresentare la sorpresa e ai
tedeschi l’obbligo di ratificare la scala dei valori.
L’Italia – Francia sarebbe stata una partita; Italia – Germania è una partitissima,
affonda i piedi dentro un baule di ricordi, soprattutto nel dopoguerra. Tagliamo la
testa al toro di quest’ultima soluzione: chi vincerà domani sarà tri-campione del
mondo! Così com’è andata, la notte di Madrid segnerà in ogni caso la fine del
monopolio brasiliano: o Italia o Germania faranno tre, esattamente come Pelé.
Non servirebbe aggiungere altro, ma c’è un altro vantaggio per l’Italia. Con la
Germania hai tutto da guadagnare perché se perdi hai perso con i migliori d’Europa,
se vinci hai battuto il non plus ultra in circolazione e il tuo exploit si moltiplica,
prende bagliori diamantini. É esattamente quanto accadde contro il Brasile a
Barcellona: una sconfitta sarebbe parsa a chiunque regolare, la vittoria fu un
memorabile trionfo. Soltanto il difficile riempie la vita.
Vincere o perdere con la Francia avrebbe di sicuro tolto qualche superlativo alla
finale, facendo passare questo Mondiale per il più inattendibile della storia. La
Francia ha giocato molto bene contro la Germania, alla fine dei novanta minuti
meritava ampiamente la vittoria per il miglior centrocampo visto in Spagna, Platini,
Giresse, Tigana e Genghini, più lineare persino di quello brasiliano nonostante un
Falcao da mostra itinerante del calcio totale. Ma proprio contro i tedeschi, nella sua
più smagliante serata, la Francia ha denunciato ingenuità – per definizione da outsider.
Avendo a disposizione tre replay da tre angolazioni diverse per ogni gol, palla-gol o
rigore, ho visto la partita assieme ad alcuni colleghi francesi. Alla fine uno dei più
popolari ha gridato indignato: «Vincendo per 3-1 l’Italia non avrebbe mai perso
questa partita1». Incontrandomi poi con Helenio Herrera all’aeroporto di Madrid, gli
ho da parte mia detto che sul 3-1 Bearzot avrebbe chiuso ancor più gli spazi e amen.
«Questo è pacifico», ha annuito H.H.
Un po’ guasconi tatticamente, i francesi hanno fatto con la Germania la fine dei
brasiliani con l’Italia. Forse non a caso li chiamano i «brasiliani d’Europa»! Fatto sta
che hanno pagato un misto di presunzione e di leggerezza. Non hanno abbastanza
riflettuto sul fatto che, stanchi o no, undici tedeschi sono sempre undici tedeschi. Farli
arrendere è sempre un’impresa. Hitler si tolse finalmente di mezzo soltanto quando i

cingoli dell’Armata Rossa passeggiavano oramai sopra al suo bunker. Ed era soltanto
un caporale austriaco…
Scherzi a parte, gli ultimi ventitré minuti supplementari sono stati l’altra sera uno
spettacolo psico-fisico raro perché, al di là del peccato di confidenza dei francesi, la
Germania ha innestato una marcia in più, riesumando non so da quali fondali nuovi
impulsi, nuove folate. Posta la questione sul piano della mera resistenza hanno vinto i
deutschen, con un’aggiunta: Karl Heinz Rummenigge.

Il panzer malato

Alle prese con una contrattura muscolare sempre sull’orlo di degenerare in stiramento
se non addirittura in strappo, Rummenigge è entrato in campo più massaggiato che in
una casa di piacere thailandese. Ha fatto gol in difficilissima spaccata, andando poi a
rifugiarsi quasi all’ala da dove si è trasformato in lucido rifinitore. La classe è arte.
Rummenigge è entrato fresco mentre Platini esalava gli ultimi scatti e ha trascinato la
Germania al rullio dei rigori, pericolo che non correrà questa sera dato che, in caso di
pareggio, la finale sarà ripetuta. A questi livelli i rigori non sono non sono
un’esercitazione balistica bensì un test psichico L’orrore dell’errore rende difficile il
facile, a tal punto che un campione come Stielike o gente esperta quale Six e Bossis
consegna al portiere avversario pallone che sono macigni di turbamento. Non c’è il
minimo dubbio: le due migliori partite del Mondiale sono state Italia – Brasile e
Germania – Francia. Nonostante siano andate perdute con brasiliani e francesi due
magnifiche macchine da football, una finale Italia – Germania ha tutti i documenti in
ordine.
Molto più in ordine, tanto per non far nomi, dell’Argentina del 1978, squadrone
troppo locale, troppo d’atmosfera, infatti incapace di perpetuarsi e di significare
qualcosa. Con l’Argentina fu un Mondiale agnostico, con Italia e Germania sarà un
Mondiale di ricetta alpina: un po’ d’assi, un po’ di contropiede, un po’ di marcature,
un po’ di nerbo e tanta vitalità.
Non è niente di preciso e potenzialmente tutto: l’Europa unita.