1980 Olimpiade di Mosca. Pitagora

1980 – Olimpiade di Mosca – Pitagora…

Pitagora aveva degli Olimpiade un’idea talmente rarefatta intellettualistica da sostenere che gli atleti del
paese ospitante non avrebbero dovuto prendervi parte. Ciao per ottenere il massimo dell’armonia,
un’atmosfera imperturbabile quanto una tavola matematica, il gesto sportivo liberato dalla fazione
dell’ambiente.
Gli avessero dato retta, delle Olimpiadi di oggi non ci sarebbe nemmeno una traccia. Sta infatti
radicandosi nazional-olimpismo, fusione di show internazionale di patriottico orgoglio. O così o niente.
Nemmeno le democrazie meno enfatiche sfuggono a tale esibizione, che sempre cela un sottinteso.
Monaco 72 alle Germania del marco, dell’opulenza, dell’oktoberfest e della Baviera di Strass, il mito
dell’organizzazione deutch stavolta sta al servizio della qualità di vita invece che del passo dell’oca.
Montreal 76 fu utilizzata dal Quebec francese per indugiare sulla sua autonomia del Canada inglese.
L’Olimpiade si ingigantisce, tosta, antepone la bandiera all’atleta, e più si presta il confronto, alla
dimostrazione di un qualcosa che poco o nulla ha da fare con i record misurati a tempo e centimetri. Si
tende con essa ad accreditare anche un modello, una way of life persino la giustezza di un sistema
politico.
Ci proverò Hitler nel 1936 e ci riuscì benissimo liberando allo stadio di Berlino centodiciottomila
piccioni in un’orgia di svastiche, tripodi, hell e saggi della gioventù nazista. Si è anche scritto, in Italia
come all’estero, che Mosca ’80 sarebbe molto assomigliata alla sinistra Berlino ’36, dove per illuminare
il nazionalsocialismo fu usata una fiaccola fabbricata dalla ditta Krupp, la mamma dei cannoni.
Ma il gemellaggio tra Berlino e Mosca non regge: alla prova dei fatti è risultato sospetto, non un
approdo. Se anche campeggio per le strade le piazze di Mosca enormi murales di paternalistico
Breznev, l’Olimpiade non soffre di una propaganda plateale, rozza e cafona.
Semmai, il suo è un messaggio indiretto, cifrato, di tipo occidentale. Nel senso che espone la falce e il
martello soltanto lo stretto indispensabile e affida il compito di silenzioso agit-pop alle cose fatte, agli
stupendi impianti, a un’organizzazione macchinosa come tutti gli apparati ma tenuta su con puntiglio,
alimentata da un lampante desiderio di non deludere.
Paradossalmente, l’effetto propagandistico più sonoro l’hanno raggiunto non i sovietici ma il fronte del
rifiuto: se anche la tv non ne fa sillaba con 260 milioni di russi, il boicottaggio si sente dentro, lo si
mimetizza, ma tocca.
Mosca ’80 non è Berlino ’36: I piccioni li hanno mollati gli altri.