1980 Olimpiade di Mosca. I cestisti azzurri conquistano la medaglia d’argento

1980 Mosca

Un altro oro (è il settimo) per gli azzurri

Un altro oro, ed è il settimo, per la spedizione olimpica del Coni: questo lo ha portato lo judoka
bresciano Ezio Gamba, arrivato a Mosca in extremis: venne congedato dai Carabinieri, infatti, due
giorni prima che si chiudessero le iscrizioni.

Poi una medaglia d’argento, anzi dieci; sono quelle conquistate dai nostri cestisti che per la prima
volta hanno disputato una finale olimpica: sono stati battuti per 86-77 (una sconfitta onorevole)
dalla fortissima Jugoslavia che per la prima volta si aggiudica l’oro olimpico.

I cestisti azzurri conquistano la medaglia d’argento

Dall’inviato
MOSCA – Il primo canestro dell’Italia l’ha realizzato Renato Villalta, trevigiano fattosi anni fa
bandiera del basket mestrino: è cominciata così la finale di Mosca, contro la Jugoslavia dei lunghi
che tirano da lontano. E’ finita con uno sgambetto poco elegante di Meneghin: un arrendersi, più
che una cattiveria.

Agli slavi (86-77) va l’oro, agli Italiani l’argento, non scordando che il boicottaggio obbliga

entrambi a scalare di un metallo: gli Usa non avrebbero avuto avversari.

In qualsiasi caso rimane questo il miglior risultato della pallacanestro italiana di tutti i tempi che,
alle Olimpiadi più favorevoli, aveva sempre galleggiato fra il quarto e il quinto posto. Tenuto conto
che la squadra juniores si è fatta nei giorni scorsi molto onore vincendo un torneo all’Est, il 1980 è
anno importante per uno sport che in Italia conta su circa 110 mila tesserati (dei quali 15 mila nelle
Tre Venezie) e sulla verde legione del minibasket, 100 mila ragazzi. L’Urss di tre milioni di
praticanti è terza.

Dicono che il basket o lo si ama o lo si detesta, indifferenti non si rimane. Lo si ritiene sport di
straordinaria completezza, molto intelligente, buono per chi sa leggere al volo mille combinazioni
di scherni. Forse non casualmente è in inedia ben frequentato e aspira a lotti da college d’imitazione
anglosassone, pur se non sorretto dallo stesso selettivo « spirito » del rugby.

Contro la Spagna e contro la Jugoslavia, ho guardato con particolare interesse due simboli, il
comasco Marzorati e Meneghin, friulano nato nel Veneto. Laureato con lode in ingegneria edile alla
« Cattolica », Marzorati è il basket cerebrale, la ragione sul parquet, la statura senza iperboli.
Meneghin è la pallacanestro dei pivot, dei giganti resi mobili da un lavoro che restituisce equilibrio
psicologico a gente di infelice dimensione. Quando in pochi secondi contro gli spagnoli ha fatto 8
su 8, Meneghin con i suoi due metri e cinque e con i suoi 104 chili, è sembrato incredibilmente
lieve.

Sono questi i miracoli di uno sport d’eccitazione, che alimenta la sua pulsione al chiuso, in echi
conte rombi, nel sussulto dei canestri, un mondo così distante dagli sport all’aperto, che trovano il
fascino altrove: magari nella mera attesa di un solo gol, forse destinato a non arrivare mai.

Questo sport modernissimo, figlio dei palazzetti, capace di trovare sempre più spazio anche
perché efficacemente televisivo, ieri sera ha messo in campo un’Italia che, come afferma il suo
tecnico, « non presenta i migliori dodici giocatori d’Italia, ma la miglior squadra ». Una scelta di
gruppo, più che una selezione di individualità.

Elegantissimo, i fascinosi capelli bianco-maturo che lo fanno assomigliare allo Stewart Granger
dell’avventuroso cinema americano anni Cinquanta, Sandro Gamba ha sperato nel primo tempo, si è
rassegnato nel secondo.

Le sue grida « anticipa! pressione! » si perdevano nella massiccia trama degli slavi, i migliori a
Mosca. Da milanese molto pratico non gli rimaneva che scendere dal sogno e rimettere il piede a
terra, deluso da Mike Silvester, l’oriundo dell’Ohio, che non ha dato alla squadra l’atteso tocco
americano. L’Italia è seconda a Mosca. Con questo piazzamento si qualifica già, di diritto, alle
Olimpiadi del 1984 a Los Angeles dove Gamba è sicuro di poter avere perfino Meneghin, ora
trentenne! L’Italia del basket giovane non dimentica i suoi monumenti. Conte dire, accadde domani.