1980 marzo 3 Inter scudetto

1980 marzo 3 – Inter scudetto!
L’Udinese cade a pochi secondi dalla fine: ormai è B

Ex presidente della Roma anni Sessanta, patron della boxe italiana, firmatario del
decreto legge che ha in pratica dato uno statuto sportivo, il ministro Franco
Evangelisti ha nei giorni scorsi confessato, non sappiamo se con più candore o più
arroganza, di aver ricevuto un congruo numero di milioni dai fratelli Caltagirone,
palazzinari e bancarottieri.
Quello del contributo privato se non della tangente pubblica sta diventando lo sport
più popolare in Italia o, per lo meno nel pianeta romano, il pianeta del “politicume”
come lo chiamò Fanfani. Lo sport della tangente non richiede doti fisiche particolari,
ma una disinvoltura di primo piano, senso acrobatico e sprezzo dello Stato. Il suo stile
è il ventrale.
Fortuna che sabato sera in Germania, Sara Simeoni ha ridato dignità ad un’altra
specialità, stavolta aerea, limpida, uno stacco europeo che sa di levità, forse di
inconscia voglia di sollevarsi da un pianeta così mendicante di valori. Lo stile, quello
di Sara Simeoni, non è il ventrale: lei passa di schiena sull’asticella, gira le spalle
all’ostacolo. Anche questo sta diventando, per reazione, sport tipicamente italiano: la
gente sa di dover fare ogni giorno i conti con brutti spettri e, almeno, non li vuoi
guardare in faccia.
Lo sport dovrebbe avere la salutare funzione di ridare ossigeno, speranza, senso
infantile del gioco. Un po’ come il carnevale, riesploso in Italia a dispetto di
inflazione, terrorismo, ingovernabilità e ministri milionari.
Ma nemmeno lo sport italiano passa un bel momento, anzi. Sul calcio, sta per venire
al pettine il nodo delle scommesse clandestine, squadre e giocatori coinvolti in
trucchetti lubrichi sulla pelle degli spettatori negli stadi e sui giocatori, questi sì
legittimi, del Totocalcio. L’altro giorno il centravanti Graziani ha firmato per 100
milioni l’ingaggio con il Torino fino al 1981: se questi sono i soldi anticipati a scatola
chiusa ai campioni, se anche i più brocchi della serie A si portano a casa una trentina
di milioni a stagione, che bisogno c’è di inquinare la propria professionalità con le
scommesse legali? La risposta è elementare: il denaro; fare merce di sé, per quanto
avariata, purché consolidi il conto in banca.
Il calcio sta rischiando molto. Anche lo sci italiano è a pezzi e le dichiarazioni del suo
presidente Gattai appartengono al genere alieno. Anche le Ferrari hanno il motore in
tocchi e il complesso del turbo. Ma le sconfitte sono sempre rimediabili, a breve o
lunga scadenza. Ciò che non recuperi facilmente è la credibilità ed è proprio questa
che il calcio rischia di andar perdendo. Se non farà piazza pulita delle sue molte
ipocrisie, rischia davvero la malinconica etichetta di demi-vierge: vergine sì, ma da
una parte sola.
La credibilità è sempre necessaria; diventa addirittura vitale quando anche i contenuti
tecnici sono scadenti. Bastano alcune cifre a dare la misura del tono di questo
campionato. Prendiamo quale punto di riferimento il girone di andata: 206 gol fatti,
nuovo minimo della storia dei campionati. Cinquantatré pareggi, nuovo massimo.
Ventisette gli zero a zero, massimo uguagliato. Soltanto 13 reti segnate dai difensori,
a testimonianza di un gioco sempre più rachitico e bloccato, dove la razza dei
Facchetti e dei Maldera sembra estinta, per difetto di vivaio o per repressione degli
schemi.
Ciò non toglie che lo scudetto 1980 dell’Inter meriti qualche elogio. Dico scudetto
perché, se dubbi semmai c’erano, da ieri non esistono più. Otto punti di vantaggio a

otto partite dalla fine sono un abisso, forse destinato a toccare un tetto record.
Vincendo il derby, l’Inter ha in pratica tolto lo scudetto dalle maglie del Milan.
Resiste una sola perplessità: e cioè se lo scudetto dell’Inter sia un risultato
estemporaneo quanto quello del Milan 1979 o se non tenga piuttosto a battesimo un
nuovo ciclo, suppergiù come accadde alla Juve padrona incontrastata degli anni
Settanta. Lo stesso grigio derby di ieri suggerisce a questo proposito qualche riserva.
L’Inter non ha in pratica avuto opposizione, gli avversari è come se avessero dato
forfait. L’Inter ha mostrato un calcio più fresco, più determinato, più giovane, senza
però toccare vertici esemplari. Ad un certo punto, la stessa Inter ha quasi ripudiato il
suo giocatore più personale, più tecnico, più fantasioso, Beccalossi: come dire che un
gioco senza estri aveva difficoltà a inserire il solista.
Perché dallo scudetto 1980 nasca un ciclo dell’Inter, Sandro Mazzola dovrà guardare
ben dentro questi pertugi. Lo farà partendo da un bel vantaggio: Altobelli, uomo oggi
da dodici gol in ventidue partite, centravanti che vale non solo per quel che segna ma
altrettanto per quanto manovra, un po’ come Paolo Rossi, nonostante la grande
diversità fisica e stilistica tra i due.
Insomma, su un calcio gravemente impoverito di talento in zona gol, l’Inter parte da
una certezza. A questo punto, non bastasse Muraro a garantirla per intero, avrà a
disposizione un campione straniero (reperibile sul mercato mondiale, non soltanto
europeo), o potrà impiegare, sul mercato intero, tutto il potenziale di incassi molto alti
e di una previsione record di incassi per la prossima stagione, che coinciderà con la
Coppa Campioni. Un riferimento basti: Inter-Borussia di Coppa Uefa portò l’anno
scorso all’Inter 690 milioni, la sera del retour-match a San Siro.
Allora, bentornata Inter! Un ritorno sotto il marchio di Sandrino Mazzola, ieri in
campo, oggi alla scrivania. Il passato è con noi.