1980 marzo 17 Gustav Thoeni, una ricca eredità

1980 marzo 17 – Gustav Thoeni, una ricca eredità

Quindici marzo 1980, Saalbach, Austria, ultimo slalom della Coppa del Mondo:
Gustav Thoeni è quindicesimo; quarantasettesimo nella classifica finale della Coppa.
È anche l’ultimo slalom nella carriera dell’asso di Trafoi e quei due secondi e
quarantacinque centesimi di ritardo su Stenmark segnano il definitivo confine tra due
epoche e due super dello sci.
Non posso dire che Thoeni sia stato più o meno bravo di uno Zeno Colò e detesto la
banale iperbole di un Arrigo Gattai che definì Thoeni il più grande atleta di tutti i
tempi e di tutti gli sport! Il divismo alimenta confronti improponibili e specula sugli
aggettivi finendo così con l’ingigantire l’exploit contemporaneo anche a costo di
svalutare il passato.
Gustav Thoeni è serio, ha buon senso superiore ai suoi speaker, è il primo a non
avvertire l’esigenza di definire se stesso su misure e destini altrui.
Thoeni è grande anche per questo. Perché, pur attraverso le cento slavine di uno sport
tra i più ricchi e sponsorizzati, è riuscito a non appannare l’immagine dell’atleta-uomo.
Ha sciato fino a ventinove anni compiuti lo scorso ventotto febbraio. Ha coniato il più
fluido degli stili. Ha fatto da traino e da uomo-sandwich di un fenomeno forse
irripetibile quale la «valanga azzurra», ultimo mito capace di stamparsi nel cuore dei
ragazzini prima dell’arrivo in massa dei Goldrake e dei Mazinga. Quella era una
valanga di bravura, questa una valanga di mostri.
Oro, argento, gigante speciale, quattro Coppe del Mondo, la storia di Thoeni è stata
dal ’72 al ’76 il best-seller del circo bianco. A bocca aperta con la sua respirazione
adenoidea o rassicurato dalla chiara presenza della moglie Ingrid, Thoeni ha ottenuto
tutto con semplicità, severità, rispetto del padre, in ciò perfettamente aderente alla
cultura tirolese, parca, riservata, ma perseverante quanto il benedettino ora et labora.
Lo sport è servito a Thoeni senza mutarlo. Perciò ha saputo non arrossire nonostante il
progressivo, patetico, inarrestabile tramonto. Sapendo vincere, ha saputo perdere per
alcuni anni con la stessa compostezza e lo stesso distacco. Sentiva di non rovinare la
propria immagine perché i suoi poveri tempi di manche lasciavano superstiti la
professionalità, l’utilità dei contratti pubblicitari, il desiderio di guadagnare e, anche,
un gusto moderato del declino, la preferenza a lui data da un’eclisse senza traumi.
Gustav Thoeni di Trafoi va in pensione archiviando più di un nome e cognome di
dura pronuncia. Porta via e lascia in donazione un’impronta di neve ancora fresca.