1977 gennaio 14 La violenza di Napoli ha un provocatore ma nessuno lo sa: si chiama Massa

1977 gennaio 14 – La violenza di Napoli ha un provocatore ma
nessuno lo sa: si chiama MASSA

Una bottiglia di Coca Cola scagliata in faccia ad un segnalinee è
costata al Napoli tre giornate di squalifica del campo. Il pubblico
non rivedrà la sua squadra in casa fino al 13 marzo e il pubblico
napoletano non è un pubblico qualsiasi: nessun altro club d’Italia
può contare su 63 mila abbonati.
Il teppismo, nelle piazze e negli stadi, non è mai stato tanto
nichilista; una libido di distruzione che ripristina il saccheggio, la
predazione; un ritorno a pratiche da secoli bui. Per quanto riguarda
gli stadi, non sempre l’opera di prevenzione appare proporzionata
alla virulenza del fenomeno e l’esempio di Napoli-Juve sta a
confermare tale disservizio. Il match era molto importante per la
classifica; il Napoli stava attraversando un periodo di forte tensione
interna; certe zone delle gradinate hanno la fedina penale leggibile
quanto un pubblico bando di concorso: ciononostante, gli agenti
erano pochi; non in grado di costituire un minimo di forza
dissuadente. Tra le mortali fucilate dei poliziotti di Haiti e il nostro
ordine pubblico in dissolvenza ci deve pur essere una terza via,
democratica, efficiente, dura.
Il problema è eccezionalmente impegnativo, lo riconosciamo tutti.
Ma Napoli-Juve ha posto in luce, più ancora della scadente
prevenzione, la meccanica del teppismo; il procedere dell’incendio
dal cerino alla miccia. Quella del provocatore è una specialità
antica cui la massificazione del mondo moderno ha dato vigore e
incidenza tremendi: basta un abile agit-prop a trasformare uno
stadio in un recinto di pecore matte e l’agit-prop di Napoli-Juve è
stato Peppino Massa, napoletano verace, quasi
trentenne
attaccante di media qualità.
In ritardo su un pallone aereo, il piccolo Massa non è riuscito a
deviare di testa e ha segnato il gol con la mano. Una gherminella
plateale, grande come il sole e captata subito da ogni spettatore di
buona volontà, tra cui il segnalinee, lì apposta per questo. In
assoluta malafede, Massa non ha invece saputo rinunciare al
teatro, al bluff, all’impostura, ed è corso a braccia messianiche
verso il pubblico naturalmente “in delirio”.
Questa è la miccia, questo il detonatore, questa la provocazione.
Non serve che, scoperto l’inghippo da parte del segnalinee, lo
stesso Massa abbia poi confessato all’arbitro di aver fatto il gol con
una scorrettezza. Ciò che conta è il suo messaggio scenico, l’aver

indotto il pubblico a chiedere che il gol era sacrosanto e legittimo.
E’ allora, nell’allenamento di responsabilità professionale, che il
giocatore non ha espresso né la “lealtà” né la “probità” richieste
espressamente dal codice della disciplina sportiva.
A questo punto non conta stigmatizzare né indignarsi; conta la
denuncia di un malcostume e dei suoi attori. Come giustamente
osserva Orfeo Stocco, addetto-stampa del Comitato regionale
veneto, “le carte federali e la giustizia sportiva dovrebbero
aggiornarsi. Non si può più tollerare che una società paghi con le
giornate di squalifica e che gli istigatori di violenza non figurino
nemmeno nelle sentenze.”
Il problema, un problema di funzionalità dei campionati oltre che di
etica sportiva, dovrebbe stare a cuore soprattutto alla Federazione
ma non soltanto a quella. Siamo tutti impegnati su questa barricata
a cominciare dal Sindacato calciatori che non può certo rifiutarsi, e
a dire il vero quasi mai l’ha fatto, di mettere il dito sulla piaga della
categoria: dai provocatori ai simulatori, dai drittoni di turno ai
rissosi. In fondo, il mestiere più difficile sta sempre nel distinguere
all’interno del proprio gruppo senza abboccare a quella solidarietà
di corporazione molto spesso assai simile allo spirito di mafia.
In un ambiente più ricco di valori, sarebbe forse cresciuto un
Massa capace di scattare verso il pubblico e a braccia alzate, ma
soltanto per confessare con un mimo da Peppino De Filippo il suo
gesto da scugnizzo d’area di rigore. Nessuno, nemmeno il più
torvo degli spettatori, avrebbe trovato la forza di scagliare una
bottiglia a un uomo di cinquant’anni con una bandierina gialla tra le
mani. Sarebbe prevalsa l’ironia di Napoli, il “cà nisciuno è fesso”, e
Massa avrebbe per una volta interpretato il candore piuttosto che
la furbizia di Pulcinella.
Ricordo il tennista cileno Jaime Fillol, durante la finale di Coppa
Davis a Santiago. Il pubblico era esploso in un urlo per una volée
di Panatta apparentemente troppo lunga e fuori. Fu lo stesso Fillol
a rivolgersi alla gente confessando di aver deviato il colpo con il
polso.
Viene il sospetto che gentleman si nasca e non si possa diventare
ma è un sospetto da respingere: anche gli animali si lasciano
addomesticare; perché non gli uomini?