1976 gennaio 8 Il calcio secondo Gianni Brera

1976 gennaio 8 – Il calcio secondo Gianni Brera

Dopo Antonio Ghirelli, Gianni Brera ha scritto la storia del calcio italiano. Una storia, come lui
stesso la definisce nel titolo del libro, “critica”: aggettivo quest’ultimo che, nell’intenzione
dell’autore, gli consente una sorta di apartheid culturale, il desiderio di non sentirsi mischiato a
poeti e qualunquisti, a non specializzati e superficiali della “pedata” nostrana.

Quando Tucidide scrisse le sue storie, pensò ad esse come a un “perpetuo possesso” del mondo per
contrapporsi agli storici dell’antica Grecia più propensi a lavorare per il loro tempo: pare ad
esempio certo che le storie di Erodoto venissero, oltre che tramandate in scrittura, lette
pubblicamente ad Atene e Olimpia. Calcio alla mano, Gianni Brera è un po’ Tucidide e un po’
Erodoto: racconta lo sport più popolare d’Italia secondo una formula “ per saecula saeculorum”
senza perdere l’accento del banditore, la verve e la partecipazione di chi ancora rimane
pesantemente “al di dentro”, piuttosto che al di sopra, di questa storia.

Brera usa le notizie per interpretarle. Tra il fatto e il critico deve sempre esserci la mediazione del
sospetto. E Brera, quando fa cronaca o storia, è il più scettico dei critici nel senso che l’apparenza
quasi mai lo plagia. Brera rinnega ad ogni riga idealismo e romanticismo. I “fondamentali” del
calcio sono i suoi strumenti di ricerca: soltanto la tecnica, la tattica, l’ètnos e il temperamento gli
servono per chiarire a sè stesso e agli altri lo sport calcio.

Lo strano destino di uno storico tanto illuminista e quasi sempre anticonformista sta d’altra parte nel
finir con il proporre, attraverso la sua storia come attraverso il suo mestiere di giornalista, il “mito”.
Non una mitologia di fatti ma di personaggi che, attraverso il linguaggio di Brera, toccano calibri a
loro medesimi proibitivi. Brera è lievito di paste non sempre credibili se non nel piccolo mondo del
loro “particulare”.

Mentre lo definisce il “gioco plebeo per eccellenza”, Brera riserva al calcio un linguaggio patrizio,
cioè ricco, personale, raffinato. Le sue verità sono spesso ai confini della provocazione e dello
scandalo ma ti arrivano addosso con il sapore della scienza esatta. Se il giornalista Brera usa tutto,
anche il paradosso, per spiegare calcio, lo storico Brera si rifà con pignoleria ai dati spesso
sommersi per sottrarre il calcio alla manipolazione della retorica e del sentimento.

Non è stata fatica di Sisifo la storia di Brera. Invece, un appuntamento con la ragione. E la ragione,
si sa, non è mai un punto d’arrivo. Anche se pietra miliare, Gianni Brera non aspira alla
mummificazione.