1974 marzo 15 La società violenta e il calcio

1974 marzo 15 – La società violenta e il calcio

I campi di Torio e Genova sono stati squalificati; tre Società (Milan, Foggia, Napoli) sono state
multate: è questo l’epilogo “giudiziario” dei pomeriggi di violenza allo stadio, la scorsa domenica.
Ben pensanti e disinformatori scrollano il capo: “Cose che accadono solo in Italia e soltanto nel
calcio”.
Giudizio sommario, quest’ultimo, che equivale ad un luogo comune. Mentre scrivo, arriva sul tavolo
un lungo servizio dell’Upi che apre con queste parole: “La violenza è esplosa sui campi di calcio e
fuori in Inghilterra e Scozia”. A Manchester giocatori che rifiutano le espulsioni e arbitro costretto a
sospendere il match per 7 minuti; in Scozia ciclopiche zuffe fra tifosi, per separare i quali la polizia
sguinzaglia cani a denti innestati.
Di fronte alla Storia, raccomandava il filosofo Spinoza non c’è né da ridere né da piangere ma soltanto
da comprendere. E i fatti obbligano a capire innanzitutto che la violenza, come fenomeno, non
appartiene in esclusiva a nessun Paese e tantomeno allo sport di massa. Per alcuni sociologi, la
violenza è anzi un prezzo ben preciso da pagare alla pace concepita come assenza di guerra. Non è il
calcio violento e il calcio italiano in particolare: è violenza la Società in cui viviamo, dove la dialettica
non è che conflitto e dove, ad una richiesta sempre più impaziente di Giustizia Universale si
accompagna l’intenzione altrettanto impaziente di “farsi almeno parziale giustizia”.
In un comunicato di ieri, l’Associazione Cultura e Sport ritiene che la recrudescenza di incidenti sia
dovuta al “malinteso modo di interpretare il fenomeno sportivo…che non può prescindere da quei
principi di lealtà e civismo senza i quali il fenomeno perde ogni suo valore”. Diagnosi sulla quale
siamo tutti d’accordo ma che, probabilmente deve tale unanimità teorica soltanto al fatto che si tratta
di una diagnosi incompleta.
Espressione fisiologica di una Società che istiga a “vivere con rabbia”, la violenza sa infatti
strumentalizzare ogni avvenimento. “Notte di violenza nelle strade di Milano” è il titolo
dell’“Informazione” nell’ultima edizione di ieri: una notte nella quale, tra le altre aggressioni, è
compresa anche la guerriglia attorno a tre pullman di studenti greci andati a San Siro per la partita di
Coppa.
Il calcio funziona da detonatore ma l’esplosivo viene dalla Società, capace di generare una violenza
interclassista: Nardi, indiziato per l’assassinio del commissario Calabresi, è miliardario; il figlio di
un noto clinico genovese è stato condannato l’altro giorno per traffico di droga. Così, passando alle
pedate, tra gli ultras del tifo pro-Torino menano le mani rampolli d’oro come quel figlio di dirigente
che l’anno scorso inseguì l’arbitro su una Ferrari da 10milioni.
Per un fenomeno tanto complesso e tanto difficile da inquadrare, appaiono perciò doppiamente fragili
i tentativi di semplificare, secondo un’ottica comparativa che finisce con il dare al calcio anche ciò
che non gli appartiene.
Sconcerta in questo senso, una notarella in corsivo apparsa ieri su uno dei più autorevoli quotidiani
europei, il francese “Le Monde”. Sotto il titolo “Passions à l’italienne”, il giornale scrive infatti: “la
passione che circonda questi incontri (della serie A ndr) si spiega in parte con le somme che raccoglie
il Totocalcio”.
La schedina potrà essere censurata sotto altri spetti ma non può essere, nemmeno parzialmente,
coinvolta come movente di una “passione” fatta di feriti, arresti, risse selvagge e come a Napoli, di
50 milioni di danni (l’incasso con la Fiorentina fu di 107 milioni) soltanto perché il Club ha tentato
di evitare l’accaparramento e il successivo strozzinaggio da parte dei bagarini. Che cos’è il
bagarinaggio se non arrangiarsi per vivere in una Società dove sono tanto difformi i “punti di
partenza” per dignitosamente vivere? E con ciò cosa c’entra il football?

Solo in utopia guariremo di tutti i mali. Nella realtà. Non rimane che combattere la violenza con la
violenza: opporre cioè alla violenza dei bastoni quella del lavoro, per migliorare la nostra Società,
giorno dietro giorno, ovunque, per chicchessia.