1969 giugno 27 La nuova Udinese nasce da due ambizioni: Brunello e Montez

1969 giugno 27 (Il Gazzettino)

La nuova Udinese nasce da due ambizioni: Brunello e Montez

Nessuna squadra ha patito quest’anno un trauma paragonabile a quello dell’Udinese: la morte di
Gipo Viani. Un personaggio-super chiamato per « fare » la squadra, ma soprattutto per « rifare » la
Società: dare dei connotati organizzativi ad un club di provincia. Camuffo, il vice di Viani, dal
giorno alla notte si ritrovò in mano un giocattolo troppo importante, e troppo « vianizzato », per
poter reggere. La Presidenza, già a Ferrara, quindi immediatamente dopo il dramma, decise di non
assumere nessuno, responsabilizzando invece Camuffo. Ma l’esperienza non si può inventare in 24
ore; né si può, con un semplice comunicato di spogliatoio, convincere i giocatori che « la B è
sempre vicina, i piani non sono cambiati ». La personalità non è acqua. E i giocatori sono
sensibilissimi termometri nell’avvertirlo. Camuffo diede esattamente ciò che poteva dare: il lavoro,
e l’esperienza (in C) di un « secondo ».

L’Udinese 1969-’70 nasce in questo cono d’ombra. Il presidente Brunello ha 52 anni, è
costruttore e industriale: « un club di football è un’azienda ». Non gli va di spezzarsi in due, di
adeguarsi ai passivi cronici, ai bilanci squassati, al mercato-ghigliottina. E’ presidente dal settembre
scorso: perciò, in pratica, il prossimo sarà l’anno zero della sua esperienza di dirigente. « Vianista »
convinto, ha assunto Oscar Montez, anni 42, argentino di nascita ma cittadino italiano, per tentare
un programma finito di colpo nel cassetto.

— Lei è stato dieci anni in Venezuela, parla correttamente spagnolo: non è che abbia assunto

Montez per « simpatia sudamericana »?

« Caracas — sorride Brunello — è stupenda, ma non c’entra con… Montez! La scelta è stata
determinata da un sacco di valutazioni. Bisogna programmare, non si può vivere alla giornata: ci
serviva un personaggio che avesse esperienza e Montez ce l’ha, sia internazionale che italiana.
Anche l’anno che rimase fermo in attesa della cittadinanza italiana, stette sempre sulla piazza
milanese. Viani aveva le idee molto chiare, era il più moderno dei… dirigenti, aveva iniziato un
lavoro in profondità, che va ripreso ».

— Lavoro in profondità, che significa per voi?
« Bilancio, vivaio, squadra realistica, pubbliche relazioni ».
— Bilancio sano e squadra forte non è utopia con i moderni costi di gestione? Una squadra di C,

solo a farla funzionare in economia un campionato, costa un’ottantina di milioni…

« Bilancio e squadra tutto ok sarebbe come inventare il moto perpetuo. Viani mi diceva: « lei
vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca ». Ma lui stesso lavorava giorno dietro giorno per
arrivarci ».

— In campagna acquisti che significa?
« Significa fare la politica dei giovani: giovani affermati, sicuri, ma giovani. I Muzzio e i
Bagnoli non servono a nulla: li prendi per un anno, ti costano molto, ma non partano futuro a 30
anni ».

— Da quando ha ceduto Franzot e Blasig, un settimanale milanese l’ha definita « presidente

liquidatore »!

« Non mi conoscano. Io penso al bilancio, ma tengo in molto, moltissimo conto la squadra. Se
non pensassi a fare la squadra forte, sarei un cattivo amministratore. I sostituti valgono i ceduti, ma
ora il bilancio sta meglio ».

— Che passivo avete oggi?

« Normale, cioè tollerabile per una Società carne l’Udinese ».
— Com’era prima?
« Preoccupante ».
— Dica la cifra.
« Non ha nessuna importanza ».
— Allora glielo dico io: prima era di circa 400, oggi è quasi dimezzato. Ma torniamo a Montez.
« Abbiamo scelto Montez, per continuare il programma e perchè ci convince tecnicamente e

perchè è un coraggioso ».

— Che significa?
« Che sa il fatto suo e non ha mai avuto paura di puntare sui giovani, che sono la linfa della…

Società. E’ un giro importante, capisce ? ».

— Avete scartato vecchie mummie che non hanno più nulla da « dare »; avete scartato anche
gente con troppo esili referenze. Un’obiezione è stata però sollevata sulla scelta-Montez: il
temperamento caliente.

« Montez è nel pieno della maturità: la collaborazione che gli verrà data nel « clima » di Udine,

servirà a smussare le impennate che… si dice, perchè io non ne so nulla, avesse in passato ».

All’intervista con il presidente, è presente Oscar Montez. Quando sente parlare di

« temperamento », interviene: « Sono stato quattro anni professionista, tre in A e uno in B. Due
volte solo mi hanno squalificato, quand’ero in C, al Cosenza ». Conoscendo Pugliese (vecchia
guardia) o Lucchi (nouvelle vogue), diciamo che Montez è un « tranquillo »! Montez ha scontato
fin troppo un luogo comune dilatato; alcuni episodi « caldi » lo caratterizzarono: ma quale
sudamericano esistente in Italia ha la fedina tutta pulita sotto questo aspetto? Forse Helenio Herrera,
soprattutto prima maniera? O Heriberto Herrera, finito molte volte a cazzotti con i giocatori; o
Carniglia, Rosa, Sivori, Amarildo? Il « temperamento » è una costante di tutti questi personaggi.
Ma ne costituisce anche una qualità che li differenzia positivamente oggi che sono usciti per sempre
di moda i « visi pallidi » della panchina.

Chiedo a Montez: « Il presidente ha parlato di programmazione. Lei si sente tagliato per un

compito del genere? ».

« lo credo che non mi sia stata ancora resa giustizia, perchè non mi reputo semplicemente un
allenatore. Se mi consentite, anch’io ho scelto l’Udinese e l’ho fatto, rinunciando a qualche squadra
di B, proprio per impegnarmi in un lavoro in profondità, più dinamico e completo. Non dimentico
che il mio predecessore si chiamava Gipo Viani, che ho imparato ad ammirare da quando sono in
Italia come modello dei general-manager. Io cercherò di imitarlo, perché l’Udinese, dopo Viani, ha
avuto una scossa: il settore tecnico va riorganizzato ».
— Con che criterio ha sostituito Franzot e Blasig?
« Li abbiamo sostituiti con giocatori di 23 e 21 anni come Giavara e Calisti, non con gente di 28.
Io, in serie C, rifiuto giocatori di 29 anni! L’Udinese ha sempre avuto una tradizione nel formare
giovani e anch’io, nella mia carriera, ho sempre battuto sul tasto. Da sudamericano poi, non ho mai
creduto allo slogan secondo il quale prima il giovane deve fare… il servizio militare e poi andare in
prima squadra! ».

— Come giudica questa C?
« Ha esigenze particolari. E’ piena di squadre blasonate, di tradizione come il Padova eccetera, e
sarà un campionato tutto di derby veneti! La C è dura, esige calcio all’inglese e, alla fine, ci sarà un
solo posto per cui lottare. La classifica sarà il metro del nostro gioco ».

— Lei ha molta esperienza del Sud: in che misura crede all’influenza del pubblico sul

rendimento della squadra?

« Ne ha molta. L’Udinese ha avuto vecchi tempi favolosi. Dobbiamo cercare di costruire i

presupposti per attirare il pubblico al campo ».

— Cosa ne pensa delle… esigenze di bilancio?
« Bisogna essere realisti: e il bilancio è realismo. Poi, certe cifre consentono solo follie. Noi

comunque crediamo di aver acquistato-venduto senza aver indebolito la squadra ».

Nell’Udinese 1969-’70 si sommano due ambizioni: quella di Brunello, che solo quest’anno detta
la gestione dal primo giorno; quella di Montez al quale — come lui stesso dice — « non hanno
ancora reso giustizia ». Non è una partenza « molle », questo è matematico. E va saldata ora con lo
« spirito friulano », disincantato e prudente.