1966 marzo 7 Inter Tutto 66
1966 marzo 7 (Supersport)
Inter-Tutto ‘66
TORINO – « Cossa ti vol, amigo, noi semo più sinistrati dell’India! ». Il « noi » sta per il Torino. Il
commento è di Nereo Rocco, l’esiliato della tribuna d’onore. La fortuna, è vero, non ha aiutato il
Torino. Gli ha messo sulla strada un Sarti astrale, un gol apollineo di Suarez e venti muniti di gioco
didattico dell’Inter. E fino a questo punto è tutto normale. Ma il gol di Cappellini infilato nel mezzo
gozzo di Rocco mentre ancora stava sciogliendo la zolletta del pareggio, a due minuti dalla fine,
quel gol no, il paron non poteva « capirlo ». « L’Inter xe grande, ma al Toro no ghe ne va mai bene
una ». Soprattutto perché ha incontrato i nerazzurri nel moneto in cui Herrera sta riscatenando sulla
piazza  europea  e  nazionale  il  rullo  compressore  dell’Inter-Tutto.  Questa  è  l’altra  verità.  La  più
importante.  Poteva  essere  un  pareggio,  il  Torino  lo  avrebbe  meritato  con  un  secondo  tempo
tempestoso davanti a Sarti. Ma il discorso non cambierebbe di una virgola. L’Inter-Tutto ha giocato
a « a settori », secondo le esigenze. Ha rischiato ed ha vinto come aveva « deciso prima ». E quando
il  Mago  è  uscito  dallo  stadio  portando  in  testa  un…  Cappellini  pieno  di  gol,  si  è  portato  con  sé
anche la fortuna.   
Ci diceva Angelo Moratti dopo il cappotto (4-0) di San Siro contro il Ferencvaros: « Credo che
quest’anno si verificherà per l’Inter la situazione esattamente contraria a quella dell’anno scorso:
allora dicevo che il campionato ci serviva di allenamento per la Coppa, ora dico che la Coppa ci
servirà  di  allenamento  per  il  Campionato!  ».  Era  una  situazione  paradossale,  un’interpretazione-
high  society,  quella  di  Moratti.  Non  priva  di  realismo.  Quest’anno  infatti  l’Inter  ha  dovuto
affrontare e vincere una specie di  « deterrent neurovegetativo », un freno psicologico, una certa
labilità di temperamento. « Ricordo le partite della prima Coppa! – sorrideva l’altro giorno Mario
Corso portandosi le mani sul viso – O il primo scudetto… con Herrera! Non riuscivo a pensare ad
altro. Adesso invece è difficile, sempre più difficile mantenersi su quel piano. Arriva il Ferencvaros
e, due giorni prima, non sapevo quasi a che ora sarebbe cominciata la partita! Non è abulia, ma, a
forza di vincere… ». Il Ferencvaros è stato il tic, la scossa, la simpamina. Semifinale di Coppa dei
Campioni; superamento orgiastico (cinque gol al Foggia) della paura di San Siro; vittoria in Casa-
Rocco. Allora il concetto paradossale di Moratti è tanto realistico? Sembra proprio di sì. L’Inter ha
ritrovato la concentrazione in Coppa e l’ha sfruttata immediatamente in campionato.  
A Torino si è rivista infatti l’Inter-Tutto. La squadra che l’anno scorso ha distrutto, pillola dietro
pillola, il vantaggio-kolossal di Gipo Viani. La squadra che va in campo e sa quello che vuole. La
squadra che gioca « a settori », in senso temporale e spaziale. Contro il Torino si sono visti tutti i
volti dell’Inter e non è che gli uomini di paron Nereo non abbiano tentato l’impossibile per sfregiare
questi volti.  
1) Quindici minuti iniziali. Follie e fiori di primavera: il Torino si butta per vincere subito. E’
andato in ritiro martedì! Facendo indignare il Mago per il trattamento speciale: « L’Inter no è el
Varese – aveva detto – ma ogni volta che incontra noi el Torino se prepara come per una finale
mondiale! Però siamo tranquilli lo stesso, perché da quando sono in Italia non avemo mai perso
contro una squadra de Rocco ». Il ritiro di martedì comunque, lo si vide subito, era servito al Toro.
Deciso,  allo  sprint,  senza  preoccupazioni  di  durata.  In  questi  primi  minuti  il  volto  dell’Inter,  il
primo, è stato utilitaristico. Suarez e Corso accusavano strane imprecisioni di posizioni e misura. 
Reggeva  come  di  consueto  la  difesa,  ordinatissima,  davanti  ad  un  Sarti  «  londinese  »:  su  una
punizione di Ferrini, fortissima e deviata dalla barriera, Sarti volteggiava in passerella. 
2)  Sedicesimo  minuto.  Ammorbidita  la  sfuriata,  l’Inter  va  in  gol.  Con  una  rara  perla  di  Luis
Suarez. Basta un gol del genere per far tramandare ai posteri una partita. Vertice dell’area di rigore
torinese, sulla destra di Vieri. Avanza lo spagnolo, Corso lo segue all’interno. Tra Suarez e Corso
avvengono, in un inverosimile dai-e-restituisci in mezzo a quattro avversari, tre scambi completi.
Alla fine la palla è ancora a Suarez che fa l’ultimo scambio con Domenghini: finta al libero e tiro
esasperante,  morbido,  tagliatissimo,  calante  che  si  infila  sopra  le  dita  (troppo  avanzate)  di  Vieri,
sbatte sotto la traversa: la folla è muta… e la palla che ha picchiato il legno ricade dentro… gli
interisti esplodono. Casuale il gol di Suarez? Cioè casuale la sua posizione avanzata? No, affatto.
Herrera aveva ordinato a Corso di stare indietro, in una posizione molto arretrata. Nella posizione
abituale di Suarez. Insomma Corso era Suarez e Suarez Corso. Perché? Non sappiamo se il Mago
avesse deciso lo spostamento già ad Appiano Gentile. Può essere comunque che lo abbia deciso in
campo quando ha visto che Rocco aveva piazzato Rosato su Corso e Ferrini su Suarez. Il Mago
potrebbe aver fatto il conto che gli stava meglio un Rosato vicino a Sarti, piuttosto che un Ferrini,
attaccante. Con questa diagonale invertita, l’Inter era andata in gol. Un gol tutto delle due mezzali.
E le due mezzali organizzavano la difesa del risultato. 
3)  Dal  gol  alla  fine  del  primo  tempo.  In  questo  «  settore  temporale  »  si  vide  un’altra  Inter.
L’Inter  che,  vinta  la  bagarre,  gioca  in  tranquillità.  Tentando  dapprima  di  andare  ancora  in  gol  e
chiudere  per  sempre  il  conto.  E  che  poi,  constatata  l’impossibilità  del  vantaggio-sicuro,  arretra
sempre  più,  quasi  inconsciamente,  per  non  perdere  quello  che  già  possiede.  Rocco  aveva  detto
prima della partita: « Se fosse per Herrera manderei la squadra al night fino alle tre di notte, anche
la sera prima della partita! Non è lui che temo, ma l’Inter, la squadra e soprattutto i due mostri di
centrocampo ». Rocco ha (quasi) sempre ragione. Proprio Corso e Suarez, saldati da Bedin, ressero
il gioco. Tutto: non solo quello di centrocampo, ma anche il gioco specializzato delle punte.  
Le punte di ruolo interiste non riuscivano assolutamente a concludere. Marcatissime, e il Torino
è specialista di marcature, ma anche bloccate da un eccesso di manovra. Mancava Sandro Mazzola,
il  capocannoniere  made  in  Italy  e  il  vuoto  si  è  fatto  sentire.  Quando  c’è  Mazzola,  praticamente
centravanti  interista,  gli  scatti  di  Jair  hanno  un  punto  fisso  di  riferimento,  una  meta  scontata.
Domenghini è un manovratore, Cappellino partiva da lontano, com’è abitudine anche di Jair. Allora
le  punte  avevano  poca  profondità.  Lo  si  è  notato  su  due  scatti  di  Cappellini  a  sinistra  con  cross
per… nessuno e su alcune discese di Jair che si fermava ed alzava la testa per cercare… Mazzola!
Jair era stato il migliore a Budapest. Con Malatrasi e Sarti. Quindi il miglior attaccante. La stampa
magiara lo ha ripetutamente elogiato durante la settimana, sottolineando anche (a smentita di talune
imprecise notizie radiofoniche) che Domenghini aveva ricevuto la palla-gol del pareggio proprio da
Jair in discesa lunga all’ala e poi in dribbling filtrante al centro. Contro Fossati tutto è stato poi più
difficile per Jair, ma non tanto da impedirgli di mettere sulla testa di Cappellini, a due minuti dalla
fine,  la  palla  della  vittoria  del  Mago  sull’irriducibile  Nereo.  Anche  per  coprire  quindi  il  vuoto
Mazzola, Herrera deve aver ordinato a Suarez l’iniziale (fino al vantaggio) posizione avanzata. 
4) Secondo tempo. Il Torino è in svantaggio, ma questa, per il Torino, è la partita orgogliosa. Il
Consiglio  Direttivo  granata  ha  archiviato  sportivamente  il  reclamo  anti-Varese.  Ha  quasi
riconfermato Nereo Rocco per il prossimo anno, Diciamo quasi perché il paron non è ancora sicuro
se  continuare  la  sua  carriera  a  Torino…  o  rifarsi  una  vita.  Comunque  è  un  Torino  già  proiettato
verso il prossimo campionato. E l’Inter è la squadra giusta per portarsi avanti un buon ricordo. Fra
l’altro,  è  un  dato  tecnico  importante,  l’Inter  ha  giocato  a  Budapest  il  mercoledì  ed  è  ritornata  in 
Italia  il  giovedì  a  mezzogiorno.  Non  può  essere  un’Inter  con  il  fiato  lunghissimo  e  sempre
carburato. Il Torino somma questi fattori e conduce una ripresa da panzerdivisionen. Appare l’Inter
antica, quella dei campi inglesi quando Herrera diceva a Tagnin: « Chi è Veron? Tu lo cancella! ».
Allora  ne  uscivano  mischie  enciclopediche  davanti  a  sarti  e  anche  gli  uomini  di  classe  si
prefiggevano soltanto di cacciar via la palla dalla zona-tiro. Tirò Simoni a Torino (al 52’) e Sarti
mise in angolo. Ma al 58’ Sarti non c’era più… c’era la traversa! Colpita in pieno da una bomba-H
di  Moschino  che  aveva  ricevuto  una  punizione  «  toccata  »  di  Ferrini  per  fallo  di  Burgnich  su
Meroni (tra il beatle e la roccia friulana ci saranno stati venti « incontri » fischiati dall’arbitro, tanto
che,  al  settantesimo,  il  Mago  strappava  Burgnich  al  nervosismo  pre-espulsione  invertendolo  con
Facchetti).  Sulla  traversa  favolosa  di  Moschino,  Orlando  entrava  a  pochi  metri  di  testa  ma  la
respinta  del  legno  era  troppo  violenta  per  poter  accusare  Orlando,  da  sempre  nullo,  nullissimo,
malinconicamente nullo. La testa del cappello di Nereo si abbassava come una saracinesca sugli
occhi per non vedere e giù fino alla bocca per non bestemmiare. Al 65’ c’è ancora Sarti, suicida in
uscita  sui  piedi  di  Rosato  a  cinque  metri  dalla  porta.  Rosato  era  in  fuorigioco,  ma  l’arbitro  non
aveva fischiato: era quasi gol. Sarti ritorna due minuti dopo a chiudere la porta a Orlando. E al 75’
fa il capolavoro si tiro di Meroni sparato di sinistro nell’angolo da non più di sei metri: Sarti si
abbassa a piedi uniti, si stende (ricordava Jaschin contro la Nazionale a Roma) e mette in angolo
con uno scatto di reni e un colpo d’occhio rari. « Semo più sinistrati dell’India! », avrebbe detto più
tardi Rocco. Sembrava proprio che il pareggio non volesse venire. Eppure c’erano tutte le premesse.
L’Inter si difendeva in angolo, il Torino aveva più fiato, molto più fiato da spendere. Ora, le punte
interiste  erano  isolate,  senza  rifornimenti.  Ma  c’era  Sarti  e  quando  non  c’era  stato  lui,  si  era
presentata la traversa. La fortuna girava al largo dal Toro. 
Le gambe di Meroni
5) Ultimi sette minuti. Hanno le bave alla bocca gli uomini di Nereo, ma non mollano. L’Inter si
difende con maggior ordine. E’ l’Inter che capta i segnali dalla panchina, il conteggio alla rovescia
del Mago: meno sette… La mano di Herrera si rattrappisce: Puia pareggia! C’è una punizione a
parabola di Moschino, un tocco di testa di Ferrini e il piede di Giorgio Puia che fulmina Sarti da due
metri. Invano Suarez invoca il fuorigioco. Il conteggio del Mago continua con la mano imperlata di
sudore. Ma, a cinque minuti dalla fine, esplode un’altra Inter: quella che si sente presa per il naso,
smentita nei programmi di vittoria, umiliata da un « punto solo ». Si muove tutta in avanti, colpisce
un palo esterno con Guarneri e all’88’ ritorna ai pascoli verdi con la zuccata di Cappellini su tiro-
cross di Jair. Rien ne va plus. Meroni si dispera in un angolo: lui voleva non perdere. C’era stata
incertezza sulla sua presenza. Ma il beatle non era ammalato, assolutamente: aveva semplicemente
fatto l’aventiniano per una frase di Rocco, dopo il Varese: « Gioca bene, ma non vuol rischiare le
gambe!  ».  Meroni  si  era  offeso  e  a  fine  settimana…  aveva  firmato  la  pace  con  il  paron.  Contro
Burgnich (pur di smentire l’accusa) aveva rischiato… la vita ed era stato l’unico « attaccante » vero
del Torino. Un gol di Cappellini lo annichilì. Con lui uscì annichilito tutto i battersi del Torino, ma
non il suo orgoglio. L’Inter-Tutto è alibi sufficiente (e valido) per assorbire qualsiasi sconfitta. E’
questa  anche  l’opinione  di  Helenio  Herrera:  «  Avevo  dito  da  dieci  giorni  che  adesso  l’Inter  non
avria più scherzato! ». La classifica del campionato porta i segni della profezia.