1966 aprile 4 “Ancora non è finita…!(Mente Moratti)

1966 aprile 4 (Supersport)

Ancora non è finita…! (Mente Moratti)

SAN SIRO – Un derby come un incrocio folle di vendette, di rivalse. Di obiettivi da non sbagliare.
Di mesi di umiliazioni da cancellare con una giornata radiosa. L’Inter che « deve » vincere a tutti i
costi. Perché è più forte, perché questa è la partita che chiude i conti con lo scudetto. Perché anche
c’è l’ombra della nazionale che si stende come una piovra nel cervello di tanta gente con le maglie
nerazzurre: Burgnich, Facchetti, Picchi, Bedin, Corso. E ognuno consuma le sue vendette
particolari. Anche se non in maniera clamorosa, tante da annichilire. Perché di là, oltre la siepe, non
c’è il buio. Non c’è il Milan rassegnato, distrutto, fantomatico e velleitario. Ma una « squadra-
sorpresa » come l’ha definita, al novantesimo, Angelo Moratti. Una squadra perduta nel gioco, ma
ancora viva, calda, che si ribella. Con il profilo irriducibile del garoto. Di Amarildo.

« Abbiamo vinto, ma Napoli e Bologna stanno à la page, quindi non è il caso di fare i bulli e di
abbandonarci a brindisi da scudetto: il campionato non è ancora finito! ». Angelo Moratti non è
salito sul podio, non ha proclamato la conquista dell’Impero, non ha chiuso, come tutti si
attendevano, il discorso tricolore. No, Moratti ha parlato di derby cruento, di vittoria sofferta come
non mai, di squadre che tengono il passo. Nel giorno in cui la colonna delle speranze anti-Inter si è
quasi dispersa, il presidente nerazzurro ha detto: « Se giocando così vince, mi auguro che l’Inter…
continui! Ho sofferto fino all’ultimo minuto, perchè la nostra squadra era nervosa oltre misura: lo
sottolinea un fatto statistico evidente le uniche due azioni in cui si è mossa con calma hanno portato
al gol ».

Il sorpasso del presidente e la teoria di Moratti jr.

« Con calma il Milan è a nove punti… ».
« Questo mi sta bene, perché a sette punti avevo ancora paura che potesse tentare il sorpasso alla

rovescia! A nove punti siamo più tranquilli ».

« L’Inter non sembrava molto tranquillo in campo ».
« Ripeto: era molto nervoso, però se il Milan avesse giocato le ultime partite come ha giocato
contro di noi, a quest’ora non avrebbe la classifica che ha! Questa è la pura verità: è stata
un’autentica sorpresa! ».

« Una sorpresa è stata anche l’Inter quando, in vantaggio con Bedin, ha dato l’impressione di

arrancare: lei come lo spiega? ».

« Forse il vantaggio è venuto troppo presto ed ha dato ai nostri la sensazione che il gioco fosse
fatto: invece di rendere la manovra più facile, meno contratta, il gol ha portato confusione,
incertezze nelle idee ed anche esecuzioni che sembravano facilissime: comunque abbiamo vinto e
questo, come sempre del resto, è il dato più importante della giornata, l’unico che conti
veramente ».

« Lei è d’accordo con suo padre? » – abbiamo chiesto un secondo dopo a Moratti junior. « Non
ho sentito quello che ha detto mio padre, comunque ho una mia teoria sulla partita. Il Milan è stato
anche sfortunato in una certa misura ed ha anche comandato il gioco per tratti abbastanza lunghi.
Però, le occasioni clamorose, quelle proprio da gol sono di più per noi. Questa è matematica ».

« E la teoria particolare? ».

« I nostri giocavano male e comunque assolutamente lontani dalle loro possibilità abituali,
davano l’impressione di essere più distesi: “Io ti do la palla so che tu la piglierai in qualche
maniera”. Non so se mi spiego… Il Milan invece giocava benino, ma mi pareva che loro fossero
tirati, tesi, che tutto quello che facevano, lo facessero sul limite delle loro possibilità, che meglio di
così non ce la facessero assolutamente. Questa è una mia impressione »

« E l’arbitro che impressione le ha fatto? ».
« Lo Bello è stato ottimo come sempre, anche se… ».
« Anche se?! ».
« Involontariamente ha bloccato Guarneri nell’azione del gol di Amarildo! ».
« Amarildo, il migliore del Milan? ».
« Assieme a Schellinger si è dato da fare come un ossesso: e poi non c’è verso, contro l’Inter

segna sempre! ».

« Rivera che impressione le ha fatto? ».
« Se dipendesse da me, lo manderei un po’ in vacanza! ».
« Vacanza premio? ».
« Vacanza… per il bene del Milan e della Nazionale!!! ».
« Lo ha dimostrato anche contro Bedin? ».
« Non dico altro, sa com’è, comunque hanno visto tutti che dietro Corso ci deve essere… Bedin!
A parte ragioni di gioco, sono come fratelli, sono amici affiatatissimi. E anche queste cose non
vanno trascurate: in… Nazionale intendo! ».

« Nonostante l’aiuto e… il gol di Bedin, non c’è stato però un Corso grandissimo ».
« Proprio prima di scendere in campo, Corso mi aveva detto: questa è la partita decisiva: è la
partita in cui uno dei due, e siamo noi, ha tutto da perdere e l’altro, ed è il Milan, ha tutto da
guadagnare! In questo stato d’animo, è comprensibile che molti non abbiano dato tutto quello che
sanno dare. Ciononostante… l’Inter ha vinto! ».

Corso e la predica di H.H.

Chiediamo ad Angelo Quarenghi: « Che cosa diceva il Mago in panchina? ». « Non abbiamo mai
parlato!!! Mai! E’ una roba da matti: con questo derby non si vive mai tranquilli. Ho perso circa un
chilo! Parola d’onore ». Il Mago non ha parlato in panchina. Non ha parlato dopo, perché, dice lui,
« porta sfortuna ». Anzi, tra un sorriso e l’altro (sorrisi muti intendiamoci), si è rivolto
improvvisamente a due giocatori di lingua sciolta: « Ehi, guardate che delle multe sono vuote! ».
Non restano alternative: il Mago ha parlato « durante l’intervallo ». Mario Corso ricorda: « Non ha
detto molte cose, ma due molto importanti, perché erano le uniche due cose che non riuscivamo a
fare: ci ha detto di star calmi, di non lasciarci trascinare dall’ansia. Secondo, di non sottovalutare gli
avversari come stavamo facendo ».

« Secondo te, è questa la ragione delle lunghe pause dell’Inter? ».
« Era la partita decisiva per noi: adesso che l’abbiamo vinto, abbiamo vinto nove decimi dello
scudetto. Ma ci avevano imbottito la testa con questa storia del Milan in crisi! E allora, appena
abbiamo segnato, è naturale pensare “Vinciamo facile! Non è il caso di preoccuparsi!” Sono errori
psicologici che si pagano ».

« Come giudichi la tua partita? ».
« Avevo voglia di correre, ma le gambe non rispondevano. Questo nel primo tempo. Non è

successo soltanto a me, ma ad altri, come a Mazzola per esempio ».

« Causa? ».
« L’afa! Non si respirava: è stata la prima partita veramente primaverile. Comunque credo di

aver tirato fuori un secondo tempo notevole: mi riusciva tutto più facile ».

« A Madrid… giocherete in notturna! ».
« Ma sarà dura ugualmente! ».

Le differenze di Picchi

« C’è poco da dire su un derby del genere! ».
« Perché? ».
« Non è stato bello ed era logico che succedesse così: c’era troppa differenza di interessi tra noi e

loro ».

« Di quali interessi parla? ».
« Di classifica, no? Per noi era decisivo, per loro no. Noi eravamo nervosi, loro no. Risultato: la

partita era più difficile per noi. Non c’è altro da dire ».

« Nemmeno sulla fluidificazione? ».
« Ci mancherebbe…! ».

La rabbia di Suarez

Gli chiediamo: « Perché, soprattutto durante il primo tempo, ha dato spesso segni di
insofferenza verso i compagni, dell’attacco in particolare? ».

« Avevamo segnato un gol subito e subito volevamo addormentare la partita! Una partita come il
derby si addormenta quando mancano quindici minuti dalla fine, dieci, ma non quando ne mancano
più di settanta! Allora cercavo di farmi capire dagli altri… ». Senza eccessivi risultati per la verità.

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