1965 China Show

1965 (Supersport)

China Show

TORINO – Juventus francescana con un… razzo sotto la tunica! Mancava Del Sol, il maratoneta
numero uno del calcio italiano, ma l’impressione generale non è cambiata: chilometri innumerevoli
percorsi in bianconero, per mettere in disparte il capitale striminzito di un gol quasi insufficiente per
vincere se, proprio in zona-Cesarini (presente in tribuna!), Anzolin non avesse graffiato
dall’incrocio dei pali la palla-gol di Micheli. Un razzo che esaurisce il cherosene dopo un’ora
appena dall’accensione.

Forse ha ragione il Mago (Helenio) quando sostiene che la « Giuve dell’Olimpico è crollata in
finale, mentre l’Inter usciva fuori alla distanza, anche se troppo tardi! ». « Non è vero quindi – ha
aggiunto il Mago irritato dalla fuga dell’ultima Coppetta – che la Giuve è preparatissima: la squadra
più en forma in questo momento è senza dubbio l’Inter e lo abbiamo dimostrato contro il Varese ».
Helenio Herrera non era a Torino, ma il Foggia arrembante degli ultimi venti minuti gli ha dato
ancora una volta ragione.

C’è un gol in questa partita: un solo gol. Un gol che basta da solo a spiegare com’è stata la
Juventus anti-Foggia. Era la mezz’ora: Chinezinho, smarcatosi con l’istinto del fuoriclasse sulla
sinistra, raccolse il passaggio all’indietro di Leoncini, lavorò la palla il tempo necessario per dare
un’occhiata in giro e quando sbirciò là in fondo sulla destra, il collo allungato di Traspedini che
scattava al centro, lanciò lungo, a mezzo arco, depositando il pallone sulla fronte del centravanti.
Testata perfetta sotto la traversa e il gioco è fatto! Almeno per Don Heriberto che si è detto
felicissimo di aver battuto un grande Foggia e che ha scaricato addosso al povero Mazzia la
responsabilità del macroscopico calo finale: « Mazzia non doveva fare el giogo di De Sol, ma non
ha potuto farlo fino in fondo perché è ancora a corto di preparazione: questa è l’unica ragione per
spiegare la preoccupante flessione ». E’ successo in sostanza esattamente quello che era accaduto
all’Olimpico una settimana fa, quando l’Inter si accorse troppo tardi che le furie bianconere
avevano la bava alla bocca.

La retromarcia di Heriberto

« Erano cotti in maniera spaventosa – ci confessò l’altro ieri Facchetti, il fisiologo-spia dell’Inter
sentivo che dicevano fra di loro “non ce la faccio più, non ci vedo più!” ». Il Foggia ha messo
nuovamente il dito sulla piaga e l’alibi-Mazzia convince fino a un certo punto. « Se avete osservato
– ha continuato Heriberto – la Juve ha rallentato il ritmo soltanto quando non ha avuto Del Sol: in
Coppa dopo l’espulsione e adesso per la squalifica! Quindi è evidente che siamo preparatissimi! ».
Don Heriberto ha sempre sostenuto che non è un uomo che fa la squadra, ma è il complesso che
aiuta l’individualità: la sua polemica, prima sotterranea poi apertissima, con il grande esiliato (si fa
per dire) Omar Sivori si era sempre basata su queste premesse teoriche. Adesso sembra che il Mago
del Paraguay abbia cambiato opinione e che per lui il “movimiento” della Juve nasca e resista quasi
esclusivamente con Del Sol.

L’esperienza italiana di Heriberto è aumentata! Quella che non può aumentare è senza dubbio la
classe di Chinezinho: la vittoria povera e importante sul Foggia è quasi sua. E diciamo quasi,
soltanto perché tutta la sua intelligenza si è scaricata sull’antenna giusta. Su Traspedini, mai visto

tanto presente, tanto deciso e freddo nella zona calda. Tutto ciò che si è potuto annotare sulla
lavagna delle cose « buone » l’hanno messo insieme questi due. Il « cinese » pur mancando
dell’appoggio di Del Sol, che gli permette abitualmente di respirare e di rimanere lucidissimo, ha
offerto cose straordinarie, spunti di regia limpidissima con la palla che rimane incollata al piede il
tempo indispensabile. Mai un dribbling ritardante, mai la testa abbassata: sempre smarcato, chiaro,
con un’apertura al gioco impressionante. Il traversone che ha portato al gol (e ai due punti) non è
stato una perla solitaria. Di lanci da gol ne avrà fatti almeno otto. Ma il movimiento heribertiano ha
creato anche parecchia confusione attorno all’azione decisiva del centrocampista brasiliano,
annullandone quasi totalmente il respiro spettacolare e il risultato pratico. Menichelli e
Dell’Omodarme hanno battuto palmo a palmo tutto il terreno di gioco, ma Moschioni in pratica se
l’è dovuta vedere soltanto con Traspedini che, oltre al gol, ha scagliato un paio di staffilate di
ambientamento e un’incornata favolosa uscita quattro millimetri sull’incrocio dei pali. Non c’era
Del Sol, ma c’è stato chi ha tentato di fare il Del Sol, forse senza che lo stesso Heriberto se ne
accorgesse: Leoncini. Aveva il numero tre sulla schiena, ma non era terzino. Durante il primo
tempo si è scagliato a ripetizione contro l’area del Foggia con un dinamismo persino esasperato.
Sandro Salvatore, con il numero sei, inciso sulla pelle avrebbe senza dubbio diminuito la
confusione dando ordine e stile, ma esordiva… come terzino sinistro! Contro tutte le promesse di
Heriberto che poche ore prima aveva annunciato (finalmente) il varo ufficiale del nuovo
matrimonio a tre: Castano, Salvatore, Bercellino. In linea.

Il Cognato di Don Oronzo

Varo ufficiale a parte, la Juventus ha raggiunto ancora una volta il risultato senza farsi ammirare.
Può essere questo un vantaggio forse decisivo se è vero che anche Helenio Herrera ci ha detto
riferendosi all’« odiata » Giuve: « Oramai todo el mondo ha capito che è più emportante vincere
che divertire! ». Per ora almeno riesce a… vincere! Chi sembra, invece, non averlo accettato
(ancora) totalmente il new deal tattico è proprio il Rubino del… Foggia che ha eventualmente
cercato la differenziazione da Pugliese imponendo alla squadra una maggiore apertura ed una
versione meno caliente del catenaccio reso celebre da Don Oronzo. Ha ragione Rubino quando dice:
« Sposti il palo di un millimetro, perché era palo interno!, su quel magnifico tiro di Maioli con
Anzolin battutissimo e vedrà che il cognato di Pugliese sa recitare anche lui il rosario del
catenaccio! ». Rubino recrimina, ma dovrebbe pur ricordare che Traspedini con la palla legata al
piede al momento di uccidere Moschini, era stato « riorganizzato » brutalmente da stopper e libero
almeno un metro dentro l’area di rigore. Un palo quindi per Rubino, un rigore per Heriberto. Una
giornata uggiosa e inutile per un pubblico venuto con l’ombrello a vedere se lo spumante della
Coppa (Italia) era Piper o nitroglicerina sofisticata! La cosa senza precedenti l’ha offerta il… nuovo
regolamento. Traspedini ha fatto un po’ tutto: ha anche trovato il tempo di caricare Moschioni e di
cacciarlo negli spogliatoi, dando al vice Ballardini, inzuppato in panchina, l’occasione di entrare in
campo con il fatidico (e divertente) numero 12! A una partita come questa onestamente non si
poteva chiedere molto di più.

La pagella
Juventus 1

Anzolin 6
Gori 6

Leoncini 7
Bercellino 5
Castano 6
Salvadore 6
Dell’Omodarme 5
Mazzia 6
Traspedini 7
Chinezinho 9
Menichelli 6

Foggia 0

Moschioni 6
Capra 6
Valadè 6
Bettoni 6
Rinaldi 5
Faleo 6
Favalli II 7
Micheli 4
Nocera 5
Lazzotti 5
Maioli 7

Rete: Traspedini al 29’
Arbitro: Marchiori 6