2000 Notte bianca, calcio nero anche senza Machiavelli

2000 – Notte bianca, calcio nero anche senza Machiavelli

Ho fatto mezzanotte in bianco per vedere il calcio nero del Camerun e mi è andata
divinamente bene. “La mia Africa” in versione vincente, per un giorno senza fame,
senza mosche, senza denutrizione, senza Aids, senza siccità, senza mutilazioni, senza
infibulazioni, senza massacri, senza bokasse di turno. Anche per questo sono bravi il
doppio.
Oddio, il massimo della goduria è stata la sconfitta della Spagna, adios amigos, e,
soprattutto, l’espulsione di José Mari.
Giustizia è fatta; un qualche totem ha provveduto a compensare la sua impunita
gomitata con l’Italia.
Ben gli sta, occhio per occhio: se il calcio non contemplasse anche questi incroci del
destino, noi tifosi della peggior risma perderemmo metà gusto.
Ma poi, quanto sono belli in campo questi calciatori d’Africa. Il giorno che il sud del
mondo si libererà di un po’ di tragedie, scommetto che si fabbricheranno anche i
palloni neri. Sarà un boom, come appare chiaro già da una ventina d’anni.
Sono poco smaliziati: loro non hanno avuto un Machiavelli nei geni. Ignorano Von
Clausewitz, Napoleone, Rommel, persino Trapattoni, e dunque sanno pochissimo di
strategia. Tatticamente, sono tuttora una colonia europea. Per il resto, tanto di
cappello, sono brasiliani rimasti in Africa.
Dico seriamente. Era proprio da quelle parti, dal golfo di Guinea, che i portoghesi
razziarono per quattro secoli gli schiavi; chi sopravviveva all’attraversata
dell’Atlantico, andava a popolare le piantagioni di zucchero del Brasile. E la Rio de
Janeiro del calcio carioca è nera, mulatta, meticcia, non a caso meno bianca di San
Paolo.
I pre-brasiliani del Camerun incantano per la souplesse. Non ce n’è uno che ignori i
fondamentali; toccano e domano il pallone che è un piacere: al confronto, gli spagnoli
sembravano dei finlandesi di tibia.
Hanno una corsa lieve, da savana o da altopiano, come i kenioti, gli etiopi, i
magrebini dell’atletica.
Pelé teme che l’Europa svuoti i vivai sudamericani; l’avvocato Sergio Campana
diffida i club italiani dallo speculare sui ragazzini africani. È sacrosanto; servono
regole, anche perché nel Duemila non possiamo imitare i portoghesi del XV secolo,
sia pure pagando in euro.
Però attenzione, l ‘Africa è già un vivaio pronto a esplodere.
Le mancava una medaglia da esibire come un attestato globale; a Sydney qualcosa di
simbolico è successo per il calcio: con il nero l’oro s’abbina alla perfezione.