2000 dicembre 23 Il ricordo del presepe

Natale 2005

Il Natale di Giorgio era questo, il presepio era la sua biografia:
descrivendolo raccontò sé stesso e la sua vita.
Il presepio diventa ora il suo ricordo.
Buon Natale.
Emina Francesco Paolo

Il ricordo

Il mio Natale è di legno come il dialetto per il poeta Ernesto Calzavara: il dialetto è la “parola de
legno”. Un materiale caldo, il fuoco sulla neve, la festa più festa. Non ricordo alberi e babbi,
soltanto il presepio. Si andava per prati a raccogliere muschio, come una soffice lana di terra. Il
nostro cachemire rurale.
Più che a Betlemme, il paesaggio sembrava ambientato nella mia Sinistra Piave. Del resto, al
catechismo ci insegnavano che Dio è dappertutto, ed è molto disponibile, soprattutto con i bambini.
I cèi, dalle mie parti. Le statuine in cartone pressato e gesso venivano conservate di anno in anno
come reliquie originali.
Ciò non toglie che tra un inscatolatore e un altro cedesse il gomito di un pescatore o la sua cesta
di pesci: il laghetto era il pezzo forte che non mancava mai. Anche il bue aveva un orecchio
scheggiato.
Per quanto riguarda la Palestina, immaginavo la natività come un filò in stalla. Mi colpiva il fatto
che a scuola dessero dell’ asino al peggiore in profitto mentre, nel presepio, l’ asinello era più
provvidenziale di un moderno termosifone. Misteri.
All’ asilo, le suore di Maria Bambina mi avevano insegnato che Gesù andava sistemato al suo
posto soltanto il giorno di Natale e Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, i tre re magi, il giorno dell’
Epifania: i fatti sono fatti, non scoop anticipati. In fondo, quella era una premonizione di
giornalismo, forse…
A riguardare il presepio con gli occhi di oggi, la famigliola dei Vangeli cercava inutilmente casa
come tanti extracomunitari. La locanda si dichiarò al completo e si arrangiarono, diventando il
simbolo – scrive il Prof. Pietro Nonis, vescovo di Vicenza – “dei senza casa e senza voce”.
Né Babbi Natale né alberi di lustrini né Halloween: era il presepio la nostra terra natia, un albero
degli zoccoli in piedi da duemila anni. Per questo, Natale andava rigorosamente trascorso “con i
tuoi”: perché sembrava anche un rito di casa. Confesso che senza presepio in casa mi sentirei un
po’ orfano dello stesso Natale.
Depurato delle sue vetrine globali, la memoria del Natale è tagliata su misura per far pensare, oggi
che lo spazio si espande al massimo mentre il tempo si contrae al minimo.
Come dice una pagina di Joseph Roth, gli uomini si portano sempre addosso il proprio destino.
Come ai tempi del presepio.
Buon Natale.